I nomi più diffusi del 2020

Nel codice civile entrato in vigore lo scorso 1 gennaio viene ribadito il diritto ad avere e utilizzare nome proprio. L’articolo 1015 in particolare ricorda che il cognome dei figli deve seguire quello del padre o della madre a meno di deroghe in alcuni casi particolari (come le adozioni o l’appartenenza a minoranze etniche). Il nome rappresenta quindi un segno forte di identità legato anche alle tradizioni locali. La Cina antica peraltro è la prima civiltà ad avere stabilito ed adottato i cognomi, i primi dei quali risalgono infatti al terzo millennio a.C.

La varietà dei nomi e cognomi in Cina è tale che ne esistono e sono in uso un numero relativamente contenuto, mentre i nomi sono molto più numerosi in quanto per sceglierli i genitori cinesi hanno sempre potuto scegliere quasi qualunque carattere del dizionario. Nel 2013 il governo ha chiarito che è necessario limitarsi a un elenco predefinito che ne contiene circa 8100; nel caso di due caratteri, anche ripetuti, per il solo nome il numero di combinazioni teoriche possibili è di circa 65 milioni. La richiesta deriva dal fatto che i moderni sistemi di input su computer riescono a scrivere solo una parte di tutti i caratteri cinesi esistenti, e che molti caratteri desueti creano comunque problemi di riconoscimento o lettura anche alle persone.

In questi anni le autorità di pubblica sicurezza hanno organizzato un sistema digitale dell’anagrafe e dei dati dei cittadini, il più esteso al mondo, che tra le altre cose permette di effettuare ricerche statistiche in breve tempo. Dal 2018 sono disponibili i rilevamenti sui cognomi, i nomi e i nomi dei nuovi nati.

I cognomi cinesi noti dall’antichità ad oggi sono in totale circa 24 mila, molti dei quali sono scomparsi nel corso della storia. Quelli attualmente esistenti sono circa 6000. Nella maggior parte dei casi secondo una tradizione millenaria, il cognome viene ereditato dal padre, ma dal 2016, quando è stata abolita la legge “del figlio unico” il numero di nuovi nati che prende il cognome della madre è aumentato, ancora prima di quello che dispone il codice civile, e nel 2020 il rapporto è stato di 1 a 12.

I dati pubblicati e relativi al 2020 riferiscono di poco più di 10 milioni di nuovi nati, dei quali il 52,7 maschi e il restante 47,3 femmine. Il cognome più diffuso tra i nuovi nati è “李” (Li) con 726 mila bambini; il cognome meno diffuso è stato “顾” (Gu) con meno di 17 mila nati.

La scelta del nome proprio segue invece la cultura del momento e le mode, e cambia nel tempo più spesso rispetto ai cognomi. Nel sistema linguistico cinese, in cui il significato dei nomi è palese e non offuscato dall’etimologia, è possibile leggervi le aspirazioni dei genitori, il loro sistema di valori e la cultura a loro contemporanea. Così ogni epoca ha favorito scelte di nomi in qualche modo ancorate alla realtà economica e sociale e agli stili di vita di quella generazione.

Al momento della fondazione della Cina attuale, nel 1949, a molti neonati maschi fu dato il nome “Fondazione del Paese” (建国) con diverse varianti. Durante gli anni ’60 e ’70, durante l’epoca più combattiva e infervorata del maoismo, ai maschi venivano spesso dati nomi come “esercito”, “soldato”, “eroe” e altri simili. Durante gli anni ’80 si diffuse un maggiore pragmatismo e spensieratezza e anche i nomi riflettono la ricerca di valori come la tranquillità e la semplicità, con “伟” (Wei, “grande”), “静” (Jing, “calmo”), “磊” (Lei, “onesto”).

Negli anni ’90 la società era già diventata più sofisticata, e anche i nomi assumono connotati più astratti, come “杰” (Jie, “eminente”), “浩” (Hao, “vasto”), “婷” (Ting, “aggraziata”), “雪” (Xue, “neve”). Questa tendenza si è consolidata nei primi anni del 2000, con nomi come “涛” (Tao, “grandi onde”) oppure venati di suggestioni artistiche come “欣怡” (Xinyi, “lieta armonia”).

Nella statistica pubblicata dal governo si possono consultare i primi 50 caratteri scelti nel 2020 per i nomi: il primo è 梓, il nome di un fiore. Per i maschi nati nel 2020 e già registrati all’anagrafe, i nomi più comuni sono stati “奕辰” (“drago magnifico”), “宇轩” (“ampio studio”) e “浩宇” (“vasto e abbondante”); in particolare “奕辰” è entrato tra i primi dieci solo nel 2020, classificandosi direttamente primo. Per le femmine “一诺” (“una promessa”) e “依诺” (omofoni ed entrambi legati a un gioco di parole con “fanciulla”) e “欣怡” sono i primi tre, e anche loro hanno guadagnato posizioni rispetto al 2019.

Nel corso dei decenni anche la struttura e la lunghezza dei nomi e cognomi è lievemente cambiata. Se non si considerano alcune minoranze etniche, che hanno convenzioni a volte lontane da quelle standard, la maggior parte della popolazione cinese ha il nome e cognome (più propriamente il cognome e nome, nell’ordine), composto da due o tre caratteri, il primo dei quali solitamente costituito dal cognome (a parte i rari casi di cognome doppio o multiplo). I casi in cui sia il cognome che il nome hanno due o più caratteri sono decisamente rari.

La lunghezza più comune è quella a tre caratteri totali, uno per il cognome e due per il nome, ed è piuttosto persistente nel tempo. Tuttavia le proporzioni rispetto alla struttura a due componenti ha subito una certa evoluzione: prima degli anni ’60 si preferiva imprimere nei nomi un significato che riflettesse anche lo status sociale o ereditario all’interno della famiglia, cosa che richiedeva due caratteri; nei decenni successivi invece si cominciò a prediligere la semplicità, così i nomi a carattere singolo, che precedentemente erano molto minoritari (7,6%), si diffusero fino a oltre un quarto dei nuovi nati (27,6%). In tempi più recenti tuttavia l’aumento della popolazione e la sua mobilità hanno determinato un forte aumento dei casi di omonimia, così che il governo stesso ha incoraggiato a ricorrere a nomi più lunghi e vari. Per favorire la scelta da parte dei genitori sono a disposizione appositi siti ufficiali sui quali consultare quanto spesso si ripetono i nomi localmente, eventualmente suddivisi per sesso e fasce d’età.

Attualmente i cognomi-nomi costituiti da tre caratteri sono oltre il 90% del totale, mentre quelli più lunghi di tre caratteri, per quanto molto minoritari, stanno crescendo, essendo passati dallo 0.3% degli anni ’50 all’1,6% attuale.

In cinese moderno il nome si chiama “名字” (mingzi), ma la parola stessa è composta da due caratteri ognuno dei quali in passsato indicava un concetto diverso. Il 名 veniva prima del 字; il primo era il nome effettivo e veniva scelto dai genitori solo dopo cento giorni dalla nascita, il secondo un onorifico che ricordava gli antenati e le loro virtù. I due nomi spesso erano scelti in modo da potersi completare a vicenda.

Talvolta a questi due componenti se ne aggiungeva un altro, 号, che era un soprannome o uno pseudonimo che la persona poteva anche scegliere da sé in età adulta. Dopo la fine dell’impero Qing, e quindi in età contemporanea, queste usanze, tipiche soprattutto della nobiltà, furono considerate desuete e feudali e finirono per scomparire lasciando il solo “nome semplice”, 名字.

Immagine: un papà e una mamma devono decidere quale cognome prenderà il loro bambino. Il padre vorrebbe dare il proprio mentre la madre sostiene che il figlio l’ha fatto nascere lei, e pretende di dargli il proprio cognome. Fonte: qua, modificata.