Perché non ci si fida del commercio cinese

L’opinionista cinese Shi Shusi ha recentemente affrontato la questione dell’onestà del commercio cinese, un argomento spinoso per i cinesi stessi ma anche per gli occidentali, che spesso si trovano a confrontarsi con parner inaffidabili quando non sleali.

L’occasione di questa riflessione è il picco di truffe online verificatosi in occasione della “festa dei single” cinese, che si celebra l’11 novembre (11/11), data simbolo a causa dei numeri 1 che la compongono. Questa ricorrenza, che si è affermata solo negli ultimi anni, ha una valenza per lo più commerciale, rappresentando poco più di un’occasione per farsi un regalo.

Secondo Shi Shusi, quanto avvenuto lo scorso 11 novembre dimostra quanto l’onestà dei commercianti sia un valore praticato da una minoranza, mentre molti ritengono che la mancanza di onestà sia un difetto ascrivibile al sistema. Questo è sicuramente un punto chiave per comprendere il fenomeno, anche se non è l’unico.

Per comprendere l’evoluzione del commercio in Cina bisogna partire da molto lontano. Durante l’epoca imperiale la scala sociale era molto diversa da quella attuale, e i mercanti occupavano il gradino più basso: era impossibile aspettarsi che qualcuno proteggesse i loro diritti. Tuttavia in alcuni casi generazioni di mercanti riuscirono a conquistarsi una grande influenza, investendo molto appunto sull’onestà.

Il sociologo Fei Xiaotong sosteneva che nella società contadina tradizionale, in cui la mobilità era estremamente limitata e tutti si conoscevano personalmente, molti mercanti riuscivano a intrecciare con i conoscenti rapporti basati sulla fiducia, che nel migliore dei casi portavano a un mutuo guadagno. In questo modo, spesso l’attività commerciale si consolidava fino a poter durare diverse generazioni, e a resistere persino in caso di crisi economiche.

L’epoca delle riforme e dell’inurbamento ha sganciato sempre più persone dal vincolo con la terra da coltivare, e la libertà di movimento ha duramente colpito il sistema tradizionale in cui l’intera vita si svolgeva nello stesso posto: la società “dei conoscenti” è andata verso l’estinzione e la frammentazione, e si è evoluta in una società di sconosciuti. L’entità del fenomeno è vasta: attualmente i lavoratori che hanno lasciato la terra sono oltre 230 milioni, e i bambini lasciati con i nonni al paese natale, e che soffrono della mancanza di rapporti familiari normali, sono più di 60 milioni.

In questo contesto, le aziende cinesi, che erano abituate a contare sulle persone conosciute per la costruzione di una comunità commerciale, si trovano ad affrontare una sfida importante. In particolare l’introduzione di metodi di gestione e dei sistemi di valore di tipo occidentale ha comportato una situazione di incontro-scontro tra le pratiche consolidate e quelle moderne.

Con il progredire dello sviluppo economico, il modello di gestione e di organizzazione della società antica con i limiti che metteva alla capacità produttiva tramontano lentamente senza però lasciare il posto a nuovi meccanismi e organizzazioni. Nella società cinese sono sorti numerose attori economici nuovi, che però rimangono separati e non fanno sistema.

Una società abituata al contatto tra conoscenti si trova spaesata quando si confronta con le nuove dinamiche dell’estraneità, e inizia a tenere conto dell’interesse di una sola parte nel costruire legami che restano fragili. Così col passare del tempo, la mancanza di fiducia si accompagna alla ricerca del facile guadagno, e le imprese sono caratterizzate da una conduzione di corto respiro, mancanza di valori e da un agire ai limiti della legalità, accrescendo ulteriormente la sfiducia.

Quando le capacità di autoregolazione della società sono deboli o insufficienti, solo una cultura dei diritti può avere il ruolo di ricostruire la fiducia reciproca. Purtroppo però le riforme in questo senso sono lunghe e complesse, e si arenano sulle rendite di posizione e sui numerosi casi di corruzione, innescando un ulteriore circolo vizioso. In questo senso, l’accento che il quarto plenum ha messo sullo stato di diritto dovrebbe costituire un argine alle cattive pratiche

Il saggista Francis Fukuama ha considerato il popolo cinese come società a basso livello di fiducia, una situazione a suo dire causata dalla carenza di gruppi intermedi all’interno alla società, che rappresenterebbero invece le basi per una società civile. La mancanza di tali gruppi intermedi separa la mastodontica organizzazione politica e le singole persone o le famiglie, che vivono inveve in un contesto atomizzato.

Ricorrere al principio di sussidiarietà e affidarsi al mercato comporta una riduzione del carico alle aziende, ma anche la possibilità di fondare un nuovo modello di sistema basato sull’autonomia di aziende e della società. Inoltre, per frenare la perdita di credibilià che ostacola il progresso del commercio occorre che lo spirito migliore della civiltà tradizionale incontri la cultura internazionale moderna e che si ricostruisca il sistema di valori e l’etica della società.

Le difficoltà di un tale programma, in una nazione richiusa in se stessa e nelle sue tradizioni, sono evidenti. Invece auspicare una fiducia nei commercianti equivale alla speranza che nell’intera società rinasca una consapevolezza maggiore e che si consolidi un’economia di mercato sana.

Immagine: membri della potente famiglia di commercianti “Jinshang”, originaria dello Shanxi, che prosperò per cinque secoli tra la dinastia Ming e Qing. Fonte: qua.