Cina: un paese, tanti paesi – 中国

中国 – zhōngguó: questo è il termine più comune in uso per riferirsi alla Cina come nazione, traducibile con “il paese di mezzo”.

Letteralmente la parola è composta da due caratteri distinti, 中 zhōng (centro, mezzo) e 国 guó (paesestato).

华 – huá: aggettivo che descrive lo splendore, la magnificenza e la bellezza; è spesso utilizzato come abbreviazione per indicare la Cina (anche se di frequente in riferimento all’estero, ad esempio 华人 sono i cinesi residenti fuori dalla madrepatria). In abbinamento al nome della dinastia Xià 夏, si crea il composto 华夏 huáxià, con il quale la civiltà cinese si dipingeva in contrapposizione ai vicini confinanti definiti 夷 , stranieri, barbari.

Il concetto di Cina come nazione unica era già presente ai tempi della dinastia Shang 商 (1600-1046 a.C.), ma Il termine 中国 è diventato sinonimo di stato cinese solo negli ultimi due secoli, mentre 华 entra nella denominazione中华人民共和国 zhōnghuá rénmín gònghéguó, definizione ufficiale dello Stato a partire dalla fondazione della  Repubblica Popolare Cinese nel 1949.

9.706.961 km² di superficie, 3 fusi orari (anche se soltanto uno è in adozione), 56 minoranze etniche riconosciute e 1.401.586.000 abitanti: questi sono i numeri principali del colosso asiatico.

Puntualizzare che la repubblica popolare cinese ha una superficie grande quanto l’Europa e una popolazione pari al 20% di quella mondiale, rende più chiara l’idea delle dimensioni di questo paese.

Quando sentiamo che la presenza cinese è incombente, non è di certo una distorsione se si considera che un abitante su cinque della terra è di quella provenienza.

E qui sta il nocciolo.

Come può definirsi paese un’entità territoriale così vasta e con così tante etnie al suo interno?

Quando si parla di Cina, qualsiasi argomento e qualsiasi approfondimento rischiano di dare una versione parziale e limitata, in quanto fornire un quadro d’insieme che includa tutte le realtà è praticamente impossibile. La stortura e l’eccessiva semplificazione sono sempre dietro l’angolo.

Ciascuna provincia cinese può essere paragonata ad uno stato europeo, sia per grandezza che per tradizione. Di certo ci sono degli aspetti base in comune, soprattutto quelli sponsorizzati dal potere centrale tramite l’educazione scolastica e la morale confuciana, ma non da meno sono gli usi e costumi specifici di ogni angolo della nazione.

Non di secondo rilievo è la questione linguistica: la lingua ufficiale è il cosiddetto mandarino, il dialetto originario della capitale, ma la lingua cinese è suddivisa in sette gruppi dialettali diversi, con differenze alla stregua di quelle riscontrabili tra le lingue europee.

L’idioma ufficiale, il 普通话 pǔtōnghuà,  traduzione letterale lingua comune, è insegnato nelle scuole e utilizzato dai principali mass media, di conseguenza la sua diffusione è piuttosto omogenea nelle varie zone del paese, almeno nei contesti formali.

Questo non esclude la contemporanea presenza (e l’uso assai frequente), soprattutto nella sfera familiare e sociale, dei dialetti e di altre forme di scrittura, diverse da quelle studiate tra i banchi di scuola e veicolo delle idee e dei precetti del governo centrale.

Anche se può apparire assurdo, la comunicazione orale può rappresentare seriamente un ostacolo e può accadere, non così di rado, che due cinesi, provenienti da zone lontane fra loro, nell’immediato non si capiscano.

E non capendosi a parole, passano a carta e penna.

Ebbene sì, agli albori del II secolo a.C. l’imperatore della dinastia 秦 Qin, l’unificatore dell’Impero, uniformò i caratteri, fissando una forma comune alla scrittura di tutto il paese, per creare una medesima base su cui far proliferare cultura, legge e tradizione.

Al giorno d’oggi è facile dedurre quanto queste peculiarità linguistiche locali siano ancora attuali dal fatto che ogni programma televisivo è sottotitolato, garantendo così anche a chi non è avvezzo al dialetto di Pechino di poter leggere e quindi capire il contenuto di quanto raccontato o descritto in forma orale.

Idem per il cibo, le tradizioni, le caratteristiche fisiche.

Uno stato che ha le dimensioni di un intero continente, è un caleidoscopio di diversità, che assumono connotati e sfumature diverse a seconda di come si impugna l’apparecchio.

Forse bisognerebbe parlare di tante Cine o ancor meglio riciclare l’espressione “paese di mezzo” in “paese al centro”, come verrebbe spontaneo fare dopo aver visto una versione cinese di una cartina geografica del mondo.

Nell’immagine di apertura si palesa non soltanto tutta la grandezza dell’estensione del territorio cinese, ma anche la visione sinocentrica del proprio prestigio, da contrapporre alla classica posizione relegata all’estremo polo est di una qualsiasi mappa di matrice eurocentrica.

Un “paese al centro” non solo come potenza politico-economica strategica a livello mondiale, ma anche come crocevia di culture e tradizioni incastrate entro i confini del paese orientale più influente dell’intero globo.

荣 晶 玲

Immagine: fonte, modificata.