Tangram – 七巧板

Il mondo è pieno di giochi. Per bambini, per giovani, per adulti.

Alcuni spiccatamente legati al genere come bambole e macchinine, altri che imitano i lavori dei grandi, alcuni che sfidano le abilità logiche, e non da ultimo le versioni elettroniche e telematiche per nativi digitali.

In questo ventaglio resistono dei giochi, fatti da poche regole e pochi pezzi, generalmente di legno, con i quali si sono cimentate intere generazioni di persone in diverse parti del mondo.

Tra questi passatempi, chiamati per la loro complessità, rompicapi, ne esiste uno particolarmente popolare che, nato in Cina, si è in seguito diffuso anche in Occidente.

Qīqiǎobǎn (七巧板) è la parola cinese che indica il famoso rompicapo conosciuto in Italia – secome tangram.

Letteralmente la sequenza dei tre caratteri ha questo significato:

  • 七 qī: sette (numero)
  • 巧 qiǎo: abile, ingegnoso
  • 板 bǎn: tavoletta 

Il gioco è composto da sette piccole tavolette di forma e colore diverso, disposte all’interno di una struttura quadrata. I sette pezzi sono rispettivamente: cinque triangoli di tre misure, un quadrato ed un parallelogramma. Il materiale di composizione è generalmente legno, plastica o (anticamente) avorio.

L’obiettivo da raggiungere è formare svariate figure posizionando le diverse parti e unendole senza sovrapporle (vanno utilizzate tutte). Le sagome più diffuse sono animali, figure geometriche e oggetti riconoscibili.

Le origini non sono ben note, anche se sembrano risalire ad un paio di secoli fa, o più precisamente a un periodo situato tra la fine della dinastia Ming e l’inizio della dinastia Qing.

Tra le numerose credenze popolari che provano a ricostruire le origini del gioco se ne trova una, la cui origine è poco tracciabile, che prova a dare una spiegazione della fonte e del significato:

La leggenda narra che un monaco consegnè a uno dei suoi discepoli una tavoletta di porcellana quadrata insieme ad un pennello, istruendolo a viaggiare e a dipingere sulla porcellana quanto di bello avrebbe incontrato nelle sue peregrinazioni. Forse perché troppo emozionato dal compito, il discepolo si lasciò sfuggire dalle mani il quadrato, che candendo si ruppe in sette pezzi. Provando a ripararlo, e non riuscendo immediatamente si accorse che dall’accostamento dei frammenti si poteano formare delle figure varie e interessanti. In tal modo comprese che non avrebbe avuto bisogno di viaggiare, in quanto per rappresentare le bellezze del mondo avrebbe potuto utilizzare semplicemente i pochi pezzi del Tangram.

Qualcuno parla di tangram come “sette pietre della saggezza” e di “quadrato delle sette astuzie” per sottolineare quanto sia necessaria una certa forma di ragionamento per sviluppare le varie figure.

Un gioco con sole due regole e una molteplicità di risultati possibili.

La difficoltà e la bellezza di questo rompicapo stanno nel disporre le figure rispettandone le proporzioni creando una composizione realistica. Partendo dalla semplicità geometrica dei pezzi, si può arrivare ad una costruzione articolata e rivedibile.

Anche se può apparire molto semplice, per creare e ricreare forme diverse servono capacità di analisi, osservazione, creatività, percezione e intelligenza visiva: tutte doti che con l’esercizio arriveranno a plasmare le menti di chi si cimenta in questo passatempo.

Poiché favorisce la concentrazione, il tangram è ritenuto un metodo didattico divertente per sviluppare le abilità di tipo logico-matematico.

Come tutti i giochi, può essere un modo per stimolare le menti dei più piccoli ed aprirle a ragionamenti multipli, ma anche una buona alternativa per tenere in allenamento la mente di chi ha un’altra età e necessita di mantenersi comunque attivo.

Perché allora non cimentarvisi?

Immagine: alcune figure realizzate con il tangram. Fonte: qua, modificata.