Talent show e industria discografica cinese

Nella storia recente della televisione commerciale cinese un posto importante è quello dei numerosi talent show a tema musicale, in quanto questo genere di programma ormai catalizza un’ampia fascia del pubblico televisivo. L’industria discografica cinese deve adesso confrontarsi con le esigenze di consumatori influenzati in modo rilevante dai talent show.

A questo prosito, la rivista Newsweek ha pubblicato un articolo che descrive come estremamente negativo l’impatto dei talent show sull’industria discografica cinese. Il titolo è “Dove è andata la musica?“: ecco un estratto dalla traduzione.

L’inizio del talent show come fenomeno culturale in Cina risale a circa dieci anni fa, e si manifesta nell’attenzione al nuovo formato delle trasmissioni televisive come anche nell’interesse del pubblico per le performance artistiche e la vita privata dei concorrenti. Entrambi i fattori sono stati la causa di una percentuale di ascolti in costante crescita.

La prima trasmissione di questo tipo è stata “Chaoji Nvsheng” (Supergirl), mentre in questo periodo va in onda “Zhongguo Haoshengyin”, (The Voice of China). L’ottima risposta che questo genere di trasmissioni riscuote presso il pubblico rappresenta un sostegno importante per l’industria televisiva, in particolare nei confronti degli ascoltatori più giovani, che generalmente non sono molto interessati alla televisione come mezzo di intrattenimento.

Nonostante le ricadute positive sull’industria televisiva, in pochi hanno notato che i talent show hanno però annientato quello che resta della della musica leggera cinese, come si può osservare dall’evidente declino nel numero e nella vitalità delle case discografiche cinesi. Eppure il numero di artisti è in crescita continua.

Generalmente si crede che la scomparsa dell’industria discografica sia una conseguenza dell’èra digitale o della diffusione delle copie piratate: in effetti questi due fenomeni hanno pesantemente danneggiato le case discografiche strutturate in modo tradizionale, però il loro impatto non intaccava le radici del sistema produttivo.

Le case discografiche infatti potevano sopravvivere se avevano a contratto degli artisti, e se producevano e vendevano dischi secondo i canali legali; inoltre col tempo anche il fenomeno della pirateria era stato arginato. La rivoluzione digitale ha comportato una profonda riorganizzazione delle case discografiche, anche questa non indolore ma che – una volta completata – aveva garantito ancora dei profitti.

Nonostante tutte queste avversità, l’industria discografica cinese aveva resistito vent’anni.

Invece il colpo di grazia è stato dato appunto dai programmi televisivi, che hanno quindi colpito un’industria recente, nata sostanzialmente al momento dell’apertura ai mercati, fortemente influenzata dallo stile e dal mercato occidentale, e che non ha mai avuto alcun periodo di autentica forza, quando proprio l’industria culturale invece ha bisogno di tempo e ordine per radicarsi.

Nonostante l’industria discografica sia percepita come obsoleta, però ancora continua a essere importante: il suo ruolo rimane infatti quello di individuare talenti dei più diversi stili, selezionarli, dare indicazioni sugli orientamenti del gusto e proporli al pubblico, generando insieme alla risposta del pubblico stesso le mode e la cultura. Tutto questo processo può essere gestito direttamente dalle case discografiche.

Invece gli show hanno scardinato questo sistema, e la prova è la casa Tianwu, nata insieme al primo show cinese, che pur avendo delle potenzialità non ha prodotto alcun disco di qualità in dieci anni. Questo fenomeno è comune tra chi assume i cantanti degli show, perché le case discografiche, invece di trasformare i cantanti in artisti maturi, li tengono come risorse da televisione o li spingono a fare tournée, e non hanno interesse a cambiare sistema dato che questo è basato sulla fama individuale, e sembra funzionare. La qualità musicale e la produzione discografica sono allora relegate a fatti secondari, e il profitto momentaneo è l’obiettivo più evidente.

La Hunan Television e la casa Tianwu hanno creato e consolidato un modello d’affari, che cerca di estendersi anche al mondo del cinema, basato quindi sul fenomeno della notorietà mediatica e sui fans, un pubblico costituito da consumatori appassionati ma poco competenti in fatto di musica, e ai quali viene offerto un prodotto culturale di bassa qualità. Nel lungo periodo, questo diseduca il pubblico alla buona musica.

Dal punto di vista commerciale il sistema comunque ha avuto successo, e infatti è stato replicato: nel caso di “Voice of China” i produttori si aspettavano di sfruttare al massimo il successo commerciale nel momento di massima audience. Il mondo musicale ha quindi spostato l’attenzione dalla musica ai cantanti, il cui successo, probabilmente di breve durata, dipende soprattutto dai passaggi televisivi.

Ma la cessione di poteri da parte dell’industria discografica a quella televisiva comporta anche la difficoltà di artisti poco noti di farsi conoscere, così come la valutazione eccessiva delle star del momento, che nel migliore dei casi vengono chiamate a pubblicizzare prodotti commerciali o a fare da testimonial a eventi di vario tipo, attività remunerative, ma che prescindono dal valore artistico dei vari cantanti. Così, quando finisce il ciclo di celebrità finisce anche il loro valore e la loro carriera. In questo modo in dieci anni sono apparsi e sono stati dimenticati centinaia di cantanti.

La carriera tipica dei cantanti degli show infatti finisce o nell’anonimato o nelle comparsate televisive, ma comunque fuori dalla ribalta musicale, e con una frequenza di ricambio tale che non c’è il tempo per maturare musicalmente, e tale che gli apprezzamenti della giuria televisiva suonano come ipocriti. I concorrenti inoltre mascherano la loro inesperienza cantando canzoni del passato già note, mentre quando cantano le proprie canzoni emerge tutto il loro conformismo.

La soluzione dovrebbe essere una crescita dell’ambiente culturale generale, in grado di arricchire il pubblico e portarlo a ricercare prodotti culturali di qualità maggiore.

Immagine: una locandina dello show “The voice of China”. Fonte: qua.