Pagare le guide turistiche

L’industria turistica cinese, che sia rivolta al mercato estero che a quello interno, è in forte sviluppo:  nel 2014 i viaggiatori all’interno del Paese sono stati oltre 3,6 miliardi, in crescita di oltre il 10% rispetto al 2013; ogni persona in media ha effettuato tre viaggi, superando i record degli anni scorsi. Uno dei motori del turismo è quello dei gruppi, che si muovono insieme contando su un’organizzazione prestabilita, e in genere accompagnati da una guida, una categoria professionale che in Cina conta oltre 300 mila addetti.

Anche le controversie però hanno subito un’impennata in proporzione: l’origine del problema è spesso il sistema di retribuzione delle guide. A questo proposito va precisato che le guide si suddividono in due grandi sottoclassi, una è quella dei professionisti (a tempo pieno), un’altra è costituita da guide part-time o freelance, che svolgono anche altri lavori ma arrotondano in questo modo. Queste ultime offrono i propri servizi alle agenzie di viaggio specialmente durante i peridi di alta stagione, mentre i professionisti a loro volta sono suddivisi tra dipendenti delle agenzie di viaggi e quelli facenti capo ad aziende di guide, e che sono quindi chiamati dalle agenzie in modo indiretto.

Il sistema di retribuzione di queste tre categorie non è uguale: i dipendenti delle agenzie solitamente hanno uno stipendio stabilito in modo più chiaro; le guide riunite ad aziende in genere hanno garantito dall’azienda il versamento dei contributi previdenziali, ma la paga deriva sostanzialmente dal lavoro prestato per le agenzie di viaggi (decurtata delle commissioni pagate all’azienda). Nonostante questo, per esempio oltre il 90% delle guide titolate dello Yunnan non percepisce uno stipendio base, e la maggioranza non ha neanche una copertura assicurativa.

Lo stipendio dei freelance è più complesso: chi viene chiamato dalle agenzie di viaggio nei periodi di maggiore richiesta ha una paga stabilita in base al numero di turisti o alla qualità del servizio, ma negli altri casi è la guida stessa che può “comprare” un gruppo di turisti da un’agenzia; il denaro viene poi recuperato in modo indiretto, grazie alle commissioni sugli acquisti che fa il gruppo, opportunamente indirizzato dalla guida.

Il tipico viaggio organizzato cinese quindi include necessariamente dei momenti da dedicare allo shopping, non necessariamente di prodotti di alta qualità, ma più spesso di souvenir vari, specialità alimentari locali, fino a rarità della medicina alternativa. Ma se il gruppo non è disposto a spendere, la guida non guadagna abbastanza; in casi estremi la guida potrebbe persino rimetterci, in quanto solitamente si sobbarca alcune spese di viaggio, compreso il noleggio di eventuali mezzi di trasporto e gli eventuali pernottamenti degli autisti. Così molte guide finiscono con il richiedere più o meno esplicitamente dei pagamenti in contanti ai clienti, delle mance, anche se queste non sono legali, e sono considerate negativamente dai clienti.

In questi giorni l’Ufficio nazionale per il turismo, dopo aver ascoltato le posizioni degli operatori, ha pubblicato una circolare in base alla quale viene legalizzato il pagamento diretto alle guide; a loro viene così riconosciuto uno status professionale. Alcuni esperti ritengono che questo richiederebbe una copertura normativa più esplicita, ma consentire di pagare dopo la fruizione del servizio di guida potrebbe beneficiare entrambe le parti. Visto il grande numero di professionisti interessati dalla riforma, di questo argomento hanno scritto numerose testate.

Le nuove linee guida contenute nella circolare consentono il pagamento effettuato volontariamente e direttamente dai turisti, di fatto fondando una base legislativa per un’equa retribuzione basata anche sulla qualità del servizio. In pratica le mance date spontaneamente o sollecitate dalle guide al termine delle visite turistiche assumerebbero valore legale di compenso, e si legherebbero così direttamente alla natura, durata o qualità del servizio, disincentivando gli acquisti forzati.

La nuova normativa nega e supera la precedente, del 1987, che esplicitamente vietava di richiedere mance ai turisti. Anche nella prima legge quadro sul turismo, in vigore dal 2013, si ribadiva che i gruppi dovessero pagare la guida al momento della loro formazione, e che non era ammesso alcun ulteriore pagamento individuale.

I pareri sulla circolare non sono concordi: in un’inchiesta condotta su internet in molti si sono detti contrari, in quanto questo si tradurrebbe in un aggravio rispetto alle spese iniziali che, a detta di molti, dovrebbero già includere il compenso delle guide; un altro rischio potrebbe essere quello di favorire trattamenti diversi in base a quanto versato dai turisti. I favorevoli invece ritengono che le mance possano portare a un miglioramento generale del servizio e concentrare le visite ai punti di interesse reali, innalzando quindi il livello dell’intera visita.

I motivi dell’opposizione si spiegano pensando appunto che per molto tempo le mance sono state demonizzate e considerate una spesa aggiuntiva invece che una modalità di pagamento di un servizio. Attualmente, il prezzo di questo servizio è considerato parte integrante delle quote dei gruppi, e corrisposto prima della partenza, un metodo che però non incentiva gli organizzatori a lavorare bene. Peraltro il sistema della “rivendita” dei gruppi alle guide, se da un lato comporta prezzi iniziali minori, dall’altro costringe a una successiva integrazione del guadagno con metodi non sempre trasparenti.

Il nuovo approccio quindi potrebbe essere vantaggioso anche dal punto di vista dei turisti, i quali, pagando dopo le visite, sarebbero meno esposti a eventuali soprusi, e godrebbero di una qualità del servizio probabilmente più alta. Il nodo attuale è quindi iniziare a sradicare la sensazione, coerente con la legislazione passata, che le mance siano un fenomeno illegale. Tuttavia le nuove disposizioni non si spingono fino a legalizzare compiutamente le mance, che, anche se il loro uso è documentato persino nell’antica Cina, ancora vengono ritenute un fenomeno per lo più tipico dei Paesi occidentali. Quindi anche in caso di una effettiva legalizzazione le resistenze sarebbero comuni: per un’adozione diffusa i tempi sicuramente saranno più lunghi.

Immagine: un gruppo turistico viene attirato da un viaggio economico, per poi finire nel carrello delle spese obbligatorie. Fonte.