No spitting! – 禁止吐痰

吐痰, tǔtán: verbo cinese indicante l’azione dello sputare, ovvero il forzato espellere dalla bocca saliva, muco o catarro. Dal punto di vista strettamente linguistico, descrive un gesto di origini fisiologiche, ma il cui significato, in taluni casi, va ben oltre il semplice far uscire del materiale dalla propria bocca.

Partendo dal presupposto che vedere persone sputare non è  pressoché in alcuna circostanza cosa gradita all’occhio di nessuno,  l’azione di espettorare più o meno rumorosamente non è di certo un tipo di maleducazione figlia dei tempi moderni, sia in Oriente che in Occidente.

Nella terra di Mao, con le dovute distinzioni tra aree urbane e rurali, ancora tutt’oggi non è raro imbattersi in chi non si fa problemi di alcuna sorta nello sputacchiare qua e là per la strada, la maggior parte della gente non ci legge nulla più che uno svuotare la cavità orale da tutto quanto la riempie, impedendo di respirare a pieni polmoni. Soprattutto tra i fumatori incalliti e gli sgranocchiatori compulsivi di semi di girasole, questa pratica è tuttora diffusa come semplice abitudine, nata da esigenze di tipo “sanitario”, anche se di igienico vi si riscontra ben poco.

Allo stesso modo, sino a pochi anni fa anche in Europa non era inconsueto trovare nei locali pubblici piccoli recipienti denominati sputacchiere, dei quali non è difficile desumerne l’utilizzo. Questi contenitori, scomparsi agli inizi del XX secolo, erano tipici di locali quali caffè, negozi, carrozze ferroviarie e dei luoghi di aggregazione sociale. L’invenzione di quell’oggetto era considerato simbolo di progresso e civiltà, difatti il centrare il recipiente serviva a limitare la  diffusa consuetudine di sputare saliva (e molto spesso tabacco) su pavimenti, strade e marciapiedi.

Parallelamente alla loro installazione, si moltiplicarono anche nello Stivale decreti e divieti, invitando e talvolta costringendo le persone a non sputacchiare al di fuori delle circoscritte aree in cui era consentito. Di ottone, dalla forma tondeggiante, erano dotate di un fondo per impedire il rovesciamento e di bordi ricurvi per evitare inopportune colate verso l’esterno. Dal secondo dopoguerra, una volta “catechizzati” a dovere i cittadini, non si sentì più il bisogno di costruirne di nuove e anche quelle vecchie vennero man mano smantellate. Il grosso della popolazione aveva imparato a trattenersi, nel rispetto sia dell’asfalto che calpestava che della vista altrui che non ne veniva di certo deliziata.

Rimane qualche cimelio di sputacchiere tra chi si occupa di degustazione di vino come professione, i sommelier infatti sono soliti assaggiare piccole quantità di vino senza inghiottirle, sputandole in modo da evitare di eccedere nella quantità di alcol che devono portare al palato per mestiere.

In Italia, lo sputare en plein air è tornato in voga soltanto tra i ragazzetti che voglio darsi un tono o fare i bulletti lasciando traccia di sé in giro per le strade, per il resto della popolazione, è usanza oramai caduta in disuso.

Diversa invece è la questione dal punto di vista linguistico.

Nello studio del verbo sputare in italiano, si scopre che il significato di questo lemma non si limita soltanto alla descrizione di un gesto meccanico, ma spesso è associato, per estensione, all’esposizione di un giudizio di merito riguardo oggetti e/o persone dalla connotazione negativa.

Sputare nel piatto dove si mangia; sputare in faccia a qualcuno; sputare veleno: sono locuzioni che, in modo figurativo, indicano svilimento, sdegno e talvolta astio. A quanto espresso nelle parole, non corrisponde però, a parte rare eccezioni, alcunché di concreto. Se non in situazioni estreme di odio e violenza, per fortuna non si arriva quasi mai effettivamente a sputare in faccia a qualcuno.

A dispetto di quanto avviene in Italia, dove le parole manifestano senza troppi filtri ciò che non viene espresso in gesti; in Cina, certe condotte narrano tra le righe quel non è politically correct pronunciare apertamente. Anche se sono pochi i cinesi che lo ammettono vis à vis, ci sono alcune circostanze in cui il momento scelto per l’operazione non è del tutto casuale.

In passato, soprattutto nelle aree rurali, sputare in direzione di qualcuno nel momento del suo passaggio era modo, neppur troppo velato, di esprimere disprezzo. Quella pozza fangosa che i piedi altrui dovevano scaltramente evitare, era un chiaro segnale che quel pezzo di suolo non andava calpestato, richiamo al marcare il territorio tipico del mondo animale.

Qualche generazione fa, questo comportamento era rivolto principalmente al popolo giapponese, la cui ferita legata alle stragi in tempo di guerra non si è mai rimarginata. L’ostilità tra i due poli principali dell’estremo Oriente è tutt’altro che sepolta, e chi gli anni delle battaglie  li ha vissuti sulla propria pelle fatica a dimenticare certe lesioni che hanno lasciato profonde cicatrici su gambe e braccia, ma soprattutto nell’orgoglio e nella dignità. I secondi bersagli preferiti in questa gara all’infangare l’interlocutore erano gli stranieri, quei diavoli occidentali che conquistavano i loro spazi, si insinuavano nelle loro vite e diffondevano bizzarre usanze e tradizioni.

Al giorno d’oggi, giovani e adulti hanno memoria breve riguardo quel che tanto stava a cuore ai loro predecessori, per questo motivo certe scene sono molto meno frequenti. Anche se, in zone dove la globalizzazione non la fa ancora da padrone, lo sputo all’incontro con un viso senza occhi a mandorla può ancora capitare, soprattutto se la fonte di quello sgorgare libero è quella di un anziano dagli orizzonti non proprio aperti.

Per lucidare al meglio la propria immagine verso il mondo al di fuori dei propri confini, il governo cinese sta attuando da qualche anno una campagna martellante di educazione alla cosiddetta società civile. Per le strade, nelle scuole, sui mezzi di trasporto e in tutti quei luoghi assiduamente frequentati dalle persone, vengono affissi cartelli nei quali si ricorda di mantenere il contegno, e di esercitare certe funzioni fisiologiche in ambienti consoni, conservando nelle occasioni pubbliche una parvenza di  compostezza e buone maniere.

禁止吐痰 (composto da 禁止 “divieto”, 吐痰 “sputare”) è un cartello esposto in ogni vagone della metropolitana di Shanghai, dove sui nuovissimi treni, icone del progresso più sfrenato, si rende necessario un promemoria riguardo un atteggiamento che di moderno (soprattutto ad un occhio occidentale) ha ben poco.

Passato e futuro si mescolano in un presente a tratti confuso, dove, come ben ricorda questo famoso motto cinese: “十年树木,百年树人”, “ci vogliono dieci anni per far crescere un albero, ce ne vogliono centinaia per educare le persone”.

Immagine: una eloquente pubblicità sociale promossa dalla Polizia di Baoshan. Fonte: qua, modificata.