“Legge del figlio unico”: comunicare ai cittadini

Stando a quanto affermato ufficialmente, nei 30 anni di applicazione, la politica cinese sulla programmazione delle nascite (计划生育, conosciuta anche come “legge del figlio unico”), avrebbe impedito la nascita di circa 400 milioni di persone.

Molti giudicano questa cifra “irreale“, ed in effetti è difficile calcolare con ragionevole precisione quanto, nella diminuzione del tasso di fertilità in Cina, abbia contribuito la legge, e quanto le mutate condizioni di vita; leggendo le statistiche, si vede che la popolazione cinese, che cresceva velocemente fino agli anni ’60, in pochi anni vide una forte diminuzione del numero di figli per donna, fino ad arrivare agli attuali 1,7 – 1,8.

La legge ha subito numerose variazioni da quando è entrata in vigore nel 1979, diventando più elastica nel tempo, sia per quanto riguarda le misure di coercizione (o di ricompensa), sia per quanto riguarda le categorie di persone alle quali si applica. Per esempio, le minoranze etniche sono in parte esentate: questo è stato uno dei fattori che nell’ultimo decennio ha permesso una crescita maggiore della loro popolazione rispetto a quella di etnia Han; inoltre, nelle zone rurali è consentito avere un secondo parto se il primo nato è una femmina, nel tentativo di ridurre gli aborti mirati, retaggio di una cultura contadina che considerava il figlio maschio come un aiuto al lavoro dei campi, e la figlia femmina come un carico economico.

L’evoluzione della politica poi ha seguito in qualche modo l’evoluzione della società: e adesso si moltiplicano le voci che chiedono una revisione della legge, sia per venire incontro ai desideri di molte famiglie, sia perché la popolazione generale comincia ad invecchiare senza la compensazione di un numero sufficiente di nuovi nati (problema comune anche all’Italia). Le autorità ribadiscono spesso che non prevedono revisioni sostanziali a breve; ma in alcune situazioni, visto il numero eccessivo di anziani, si progetta di incoraggiare la nascita di un secondo figlio, come da un paio d’anni si discute a Shanghai (e dove in compenso hanno pensato anche al “cane unico“).

Allo stesso modo è cambiato l’atteggiamento delle autorità su come imporre o proporre una legge che non è mai stata accettata bene dalla popolazione: se in passato venivano lanciati slogan anche piuttosto crudi (“Fate meno figli e allevate più maiali”, e altri ancora peggiori), la tendenza attuale è quella di modulare meglio il messaggio, facendo leva sui sentimenti positivi. Lo slogan “Un bimbo o una bimba sono entrambi nel cuore dei genitori” vuole affermare che se anche il primo nato è una bambina, bisogna considerarla una gioia, e quindi non è il caso di “ritentare la sorte” finché non nasce l’agognato figlio maschio.

Differenze di stile si notano anche fra città e campagna: campagne di sensibilizzazione molto diverse nei toni e nell’approccio.

Un cartello in una campagna cinese che veicola messaggi sulla "legge del figli unico"

Questa è una semplice placca su dei muri scrostati, scritta con grafia grossolana, e con un messaggio molto diretto: “Procreare secondo la legge è un onore, contro la legge una vergogna”. Si sentono ancora gli atteggiamenti duri di tanti anni fa.

Pubblicità di una famiglia cittadina che ha rispettato la "legge del figlio unico" in Cina

Quello che si vede nel manifesto, è invece l’immagine di una famiglia sorridente, giovane, e presumibilmente benestante, con una bambina sulle spalle di papà. La Cina per come ama rappresentarsi adesso. Il testo vanta lo “sviluppo completo” della società quando questa rispetta la (questa) legge. A parte il messaggio istituzionale, il cartello è costruito secondo le moderne tecniche di marketing, è vivace e positivo, e non più carico di rosso di tante altre pubblicità di prodotti commerciali.

N.b.: L’immagine linkata si trova in un articolo dedicato alle pubblicità ingannevoli

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