Andare a lavoro a Pechino

Nel componimento Pena dell’esilio (离骚), del celebre poeta Qu Yuan (epoca degli Stati combattenti), si trova il verso “la strada è distante, la strada è lunga, mi affretto ad esplorarla tutta“. Questo verso, usato per lo più per incoraggiare qualcuno che affronta una scelta difficile, è stato citato come calzante riferimento per raccontare la condizione delle persone che la mattina vanno a lavoro nella città di Pechino in un articolo apparso sul portale Youyisi e poi ripreso da numerose testate come Suhu. Eccone un estratto.

Di pari passo allo sviluppo dell’urbanizzazione e dei mezzi di trasporto, la tendenza a separare il luogo di lavoro e quello di residenza è sempre più evidente. Ciò comporta comunque che la distanza spaziale e i tempi di percorrenza siano aumentati progressivamente; allo stesso modo sono aumentati i tempi di attesa dei mezzi pubblici, il loro sovraffollamento e in generale la congestione delle vie di trasporto, soprattutto nelle ore di punta.

Ciò non ha ricadute soltanto in termini di costi economici e di tempi di lavoro, ma anche sullo stato d’animo dei lavoratori e sul senso di realizzazione personale e di soddisfazione dei cittadini.

Affrontare il tragitto da casa al lavoro, che si tratti di lunghe che di brevi distanze è un problema con il quale tutti i cinesi che vivono nelle aree urbane devono confrontarsi, considerando anche la già elevata densità e il numero di abitanti delle città anche non di prima linea.

Innalzare la qualità della mobilità e cercare di affrontare il problema porterebbe a un miglioramento delle condizioni di vita degli interessati e ad un innalzamento della produttività. Si avrebbero ripercussioni positive anche sul traffico e l’inquinamento, un problema che le autorità cinesi stanno iniziando a considerare nella sua gravità solo in tempi recenti.

Una statistica relativa a Shanghai ha rilevato che la media è di km percorsi per recarsi al lavoro è 12,4 km; il 30,6% dei lavoratori percorre meno di 5 km, il 35,4% percorre da 5 a 15 km, il 20,2% percorre da 15 a 25 km, e il 13,8% supera i 25 km.

A Pechino in molti non tornano a casa prima delle tre del mattino, e altri già escono già alle cinque del mattino. Non sorprende  che le statistiche assegnino a Pechino il primato della città più mattiniera, naturalmente a discapito della qualità della vita. Sono infatti milioni le persone che quotidianamente varcano il quinto anello a partire dai quartieri più esterni quando non dalle provincie limitrofe.

Già dalle prime ore del mattino le persone si riversano verso il centro partendo dalle zone periferiche all’esterno del quarto anello. Il percorso medio (sola andata) è di 13,2 km, superiore a quello di Shanghai, e spesso talmente impegnativo che molti lavoratori sono già stanchi al momento di iniziare il turno di lavoro. La distanza per raggiungere il posto di lavoro deve poi essere percorsa in senso opposto al termine della giornata, obbligando molti pechinesi a tornare a notte già inoltrata. In molti dichiarano che nel weekend desidererebbero soltanto potersi riposare, sacrificando anche eventuali interessi e hobby.

Si tratta di uno stile di vita che non ripaga affatto dei sacrifici che molti, sia immigrati che nativi, hanno fatto per acquistare o affittare un appartamento, contando sulle (apparentemente) infinite opportunità offerte da una metropoli tanto attrattiva e moderna.

Per fare un confronto tra le percorrenze medie (sola andata) relative ad alcune metropoli principali, Pechino e Shanghai, come si è detto, raggiungono rispettivamente 13,2 e 12,4 km; Chongqing raggiunge quasi Shanghai con 12,2 km, mentre Tianjin e Chengdu se ne discostano di più, con 9,9 km e 9,3 km rispettivamente.

La distanza in kilometri però non descrive del tutto il fenomeno, in quanto essa deve essere associata al tempo effettivo di percorrenza (sempre della sola andata), che a Pechino è di 56 minuti, seguita da Shanghai e Chongqing, alla pari con 54 minuti, e a breve distanza da Tianjin, 48 minuti, e da Chengdu, con 46 minuti. I dati sono stati pubblicati nella ricerca “Report del 2018 sul pendolarismo nelle città cinesi”.

Quanto ai mezzi di trasporto, si potrebbe pensare che l’auto personale possa essere il mezzo più adatto; non è così, senza considerare che nonostante la straordinaria crescita di immatricolazioni, ancora il possesso di un’auto non è alla portata di tutti. Il comune di Pechino ha circa 21,7 milioni di abitanti e circa 5,5 milioni di auto (una ogni 3,9 abitanti); Shanghai ha 24 milioni di abitanti e 3,4 milioni di auto (una ogni 7,1 abitanti).

La città di Pechino ha iniziato a incentivare l’acquisto di auto nei primi anni 2000, ma la conseguenza è stata l’aumento del traffico fino al punto che alcuni anni fa le autorità hanno dovuto ricorrere a sistemi di limitazioni delle immatricolazioni tramite sorteggio. Tuttavia tali sistemi non sono stati efficaci, in quanto chi ha necessità può sempre acquistare un’auto nelle provincie attorno alla città. Il traffico stradale è diventato quindi ubiquo, cosa che – insieme al costo elevato di un anquisto – rende questa scelta non molto competitiva rispetto al trasporto pubblico.

Per Shanghai le targhe contrassegnate con la lettera “C” possono circolare solo all’esterno delle circonvallazioni, e le auto con targa esterna non possono passare dai grandi ponti d’accesso in città durante le ore di punta. Queste misure sono più efficaci di quelle adottate a Pechino. Per contro a Pechino il servizio di trasporto pubblico non è capillare come a Shanghai, e ciò costringe qualcuno all’acquisto di un mezzo personale.

Anche a Pechino la metropolitana è la scelta obbligata per milioni di lavoratori, ma anche essa è spesso troppo affollata, specialmente nelle stazioni centrali e in quelle di snodo tra le varie circonvallazioni. La prima causa è il numero effettivo di persone; ma bisogna considerare anche che la copertura del territorio e la distribuzione delle fermate è decisamente insufficiente per una città di rilevanza mondiale, risultando solo 0,02 fermate per km². Il valore può avere poco significato finché non venga confrontato con Tokio (0,46 o Parigi (0,76).

A Shanghai la situazione è decisamente migliore: la rete della metropolitana ha attualmente 17 linee (erano 3 nel 2005) e comprende 367 fermate e 617 km (inclusa la linea a levitazione magnetica per l’aeroporto). Inoltre gli orari di apertura sono più ampi che a Pechino, funzionando fino alle prime ore del mattino. Un altro punto che rende la metro di Shanghai il mezzo preferito dai lavoratori è che – all’opposto che a Pechino – all’interno delle fermate proliferano fino all’eccesso le attività commerciali, che vanno dai generi alimentari alle marche di lusso.

A Pechino anche gli autobus presentano dei problemi: la città è troppo estesa geograficamente, e i mezzi sono insufficienti, oltre ad essere spesso in ritardo. Anche in questo caso Shanghai è meglio organizzata, le fermate sono distribuite ovunque e le linee sono meglio collegate.

Per quanto riguarda il tratto finale (o iniziale) del percorso un’alternativa è la bicicletta; ma anche la scelta di questo mezzo ha delle controindicazioni. Pechino conferma la stessa inadeguatezza infrastrutturale, in quanto è passata in pochi anni da città dominata dalle biciclette a luogo pericoloso per i ciclisti. Le piste ciclabili sono ormai ben poche in rapporto all’ampiezza delle sedi stradali, e spesso intasate da mezzi elettrici, o da altri mezzi in sosta.

La densità stessa delle strade è minore a Pechino (e in generale nel nord del Paese) rispetto ad altre città. La città con più km lineari di strade per km² è infatti Shenzhen (9,5), contro i 5,6 di Pechino. Per motivi storici e commerciali a Pechino si è priviliegiato costruire isolati molto grandi, riducendo così lo spazio per le strade. Oltretutto molte zone della capitale sono occupate da aree amministrative (ministeri, ambasciate, istituzioni nazionali e internazionali) chiuse al traffico ordinario, riducendo ulteriormente le sedi stradali utili e costringendo  i mezzi ad ampie deviazioni e all’allungamento significativo del percorso.

Immagine: dei pendolari in metropolitana. Andare a lavoro in quelle condizioni è paragonato a un pellegrinaggio difficile e pieno di ostacoli. Fonte: stessa pagina dell’articolo.