La Cina e il Polo Nord

Dal 1993, la Cina, in pieno sviluppo industriale, è diventata una importatrice di sempre maggiori quantità di risorse energetiche; l’aumento dei consumi e quindi del fabbisogno ha spinto il governo a varare dei progetti di ricerca di nuove fonti di approvvigionamento, nelle “tre profondità” del mare, del sottosuolo, e dell’atmosfera, sia all’estero, nei tre ghiacciai del Polo Nord, Polo Sud e dell’Himalaya.

Di pari passo con le esplorazioni entro i confini nazionali, sono iniziate anche le ricerche in aree di confine, specialmente marine, e con esse anche e i primi conflitti con i paesi limitrofi sulla sovranità e di diritti di accesso ad ampie zone contese tra Taiwan, Giappone, Corea, Filippine, Thailandia.

Spingendo i suoi interessi ancora più lontano, la Cina comincia a guardare all’evoluzione della situazione internazionale attorno all’area del Polo Nord, un’importante zona che finora non è stata soggetta allo sfruttamento esclusivo di una nazione, ma sulla quale si stanno scatenando delle forti frizioni geopolitiche.

Il Mar Glaciale Artico ospita infatti immensi giacimenti di idrocarburi e minerali, che però fino ad oggi sono rimasti inesplorati grazie alla barriera rappresentata dalla calotta polare e dal clima proibitivo. Da alcuni anni però, il riscaldamento globale sta riducendo l’estensione e lo spessore della calotta polare, lasciando libere alcune porzioni di mare in diversi mesi dell’anno.

Lo scioglimento dei ghiacci ha accelerato a sua volta la corsa delle varie nazioni artiche ad assicurarsi posizioni privilegiate, e ha risvegliato ulteriori conflitti locali finora tenuti sotto controllo: i vari attori cominciano a mostrare segni di nervosismo, come il Canada, che lo scorso agosto fa ha mandato spedizioni militari fino all’estremo nord per (ri)affermare la sua sovranità.

Le rivendicazioni dei diritti sul Mar Glaciale Artico passano anche dal complesso riconoscimento del confine delle acque territoriali: la scoperta russa nel 1948 dei monti sottomarini Lomosonov ha avviato una ulteriore disputa sulla sovranità territoriale e sull’accesso al territorio artico, specialmente dopo che nel 2007 una spedizione militare russa ha piantato una bandiera sui fondali in prossimità del Polo Nord geografico.

Fino ad adesso, comunque, l’inaccessibilità della regione ha impedito che un solo stato occupasse militarmente l’area, e ha obbligato i vari contendenti a una forzata collaborazione, almeno nella ricerca scientifica e tecnologica.

È in questo scenario che si inserisce la Cina: fino ad adesso la posizione cinese è rimasta di retroguardia, limitandosi ad assicurare la sua presenza nelle regioni polari con una piccola rete di stazioni di ricerca. La ricerca cinese, attualmente, è concentrata sullo studio degli oceani, della meteorologia, dei campi magnetici,  e degli ecosistemi. Ma le nuove opportunità rappresentate dallo scioglimento dei ghiacciai hanno attirato l’interesse delle grandi compagnie petrolifere e minerarie cinesi.

Durante una recente riunione dell’Arctic Council, l’organismo internazionale di osservazione e protezione dei territori dei popoli artici, è stato affrontato anche questo tema. I paesi membri (Canada, Danimarca, Groenlandia, Isole Faroe, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Russia USA) si sono incontrati lo scorso 12 maggio a Nuuk, in Groenlandia; e in quella occasione hanno ricevuto le delegazioni di alcuni paesi non artici, che hanno chiesto di essere ammessi al Concilio come osservatori. Questi sono la Cina, la Corea del Sud, il Giappone, l’Unione Europea, e Italia.

In Cina la notizia è stata trattata con attenzione: una sua partecipazione all’esplorazione del Polo Nord aprirebbe grandi opportunità non solo nello sfruttamento delle risorse minerarie e alimentari (le ricche aree di pesca), ma anche e in primo luogo per l’apertura di una rotta navale commerciale che dimezzerebbe le distanze tra i porti di Shanghai e Tianjin e i porti del nord Europa. Ad oggi, infatti, la via più breve passa dallo stretto di Malacca e dal canale di Suez: questo transito però non è accessibile ai cargo più pesanti, che devono spingersi fino al Capo di Buona Speranza.

Il primo viaggio di prova è stato completato il 6 settembre 2010, quando la petroliera russa “SCF Baltica”, con un carico di 70000 tonnellate, ha raggiunto Ningbo in Cina dopo 22 giorni di viaggio, partendo dalla città russa di Murmansk nella penisola di Kola.

Una condizione necessaria per la realizzazione dei progetti cinesi è però la collaborazione con la Russia, che già fornisce i rompighiaccio di supporto alle navi commerciali: la Russia, oltre ad essere la nazione con la più estesa costa artica, è un partner indispensabile per la gestione e la sicurezza delle rotte navali. I margini di un’intesa sino-russa non sono amplissimi, perché i russi oscillano tra aperture e prudenza. In ogni caso, l’impegno cinese è attualmente è limitato, e la collaborazione verte soprattutto sulle ricerche scientifiche limitate all’analisi della meteorologia. Nei prossimi anni, invece, la Cina cercherà una maggiore autonomia, con l’acquisto di speciali di aerei laboratorio per rilevazioni presso il Polo Nord.

Molti progetti cinesi sono d’altronde subordinati all’ingresso nel Concilio Artico, che si spera possa avvenire nel 2013; le prospettive di collaborazione e di scambi commerciali con Pechino stanno comunque attraendo già da oggi paesi come l’Islanda, che ha invitato la Cina a collaborare nelle ricerche e nelle spedizioni al Polo Nord, per studiare gli ecosistemi marini e le tecnologie marine. Ed è ancora attuale la notizia della proposta di acquisto, da parte di un magnate cinese, di 300 chilometri quadrati di territorio islandese.

Nei prossimi anni, quindi, tutte le nazioni coinvolte nella corsa al Polo Nord cercheranno di riposizionarsi in vista dello sviluppo di tecniche e conoscenze migliori; per il momento, ognuna di esse afferma di volersi assumere l’incarico di “proteggere l’ambiente”: un’espressione elegante che potrebbe anche sottintendere “occupare il territorio in attesa di sviluppi”.

La posizione dei Paesi del Concilio Artico e della Cina

Mappa: i componenti dell’Arctic Council: in blu i paesi membri, in azzurro gli osservatori.
Fonte: qua, modificata da me.