Imparare il cinese… in mille modi (III parte)

“I numeri in cinese sono: Yi, Er, San…”

Quel “san” aveva un suono mai sentito: non solo la vocale aveva un timbro sconosciuto all’italiano, ma soprattutto c’era qualcos’altro di nuovo e di sorprendente, una specie di musica, di intonazione… di tono. La stessa sensazione si era ripetuta con “Ba”, il numero otto. I toni avevano finalmente suonato le prime vere note.

Ai tempi dell’università i libri di linguistica tipologica avevano spiegato le caratteristiche delle lingue tonali come il cinese. Ma leggere le descrizioni scritte di quello che invece va ascoltato musicalmente non poteva certo essere efficace; invece il semplice ascolto dei numeri da uno a dieci, insieme alla “dimostrazione” dei toni, ebbero l’effetto di un’illuminazione sonora, che già da sola invitava a uno studio molto più sistematico.

Nel 2005 non era facile trovare dei testi per lo studio del cinese, l’emisfero cinese di internet era un pianeta ancora ben poco abitato, e comunque inaccessibile, per limiti non solo linguistici ma anche tecnici. Così un minuscolo dizionario elettronico (cinese-francese!) e un rudimentale e confuso libro di grammatica furono i primi strumenti di un percorso basato sin dall’inizio sul più puro fai da te, senza direzione, ma senza neanche vincoli.

I primi tempi erano quelli della scoperta e dell’acclimatazione. Il primo dizionario italiano-cinese, ottenuto dopo parecchie settimane, conteneva la sezione ancora più enigmatica e insieme rivelatoria, la chiave per l’intera scrittura: l’elenco dei radicali e dei caratteri. Anche in questo caso l’essere autodidatta e senza alcun supporto, pur rallentando la comprensione del meccanismo, ha fatto in modo che un numero sorprendente di caratteri fosse memorizzato in modo originale e personale.

Intanto bisognava praticare quanto appreso, e provare a utilizzare il cinese parlato. La ricerca di partner linguistici tra i negozianti non fu semplice, ma alla fine una famiglia di zhejianghesi accettò un laowai spaesato nel loro negozio, in un mutuo soccorso linguistico (ma anche umano) durato molti mesi.

Non potendo contare solo sul modesto libro di grammatica e il frammentario dialogo con i negozianti, era necessario entrare a contatto con gli altri registri del cinese parlato: ed allora ecco il periodo dei CD di canzoni pop e delle serie televisive in DVD sottotitolate.

Ci volevano giorni interi per completare la visione di un episodio: ogni battuta veniva esaminata, smontata, ogni carattere cercato (e lunghi minuti prima di trovarlo sul dizionario), trascritto, riascoltato dalla voce degli attori, reinserito nel contesto. E il dizionario stesso era la fonte del sapere, ogni carattere trovato ne generava a cascata altri da cercare a loro volta, con le loro innumerevoli combinazioni.

Anche la televisione cinese, CCTV 4, ha dato soprattutto nei primi anni il suo prezioso contributo: visto che gli show, le serie televisive, e persino alcune pubblicità hanno i sottotitoli, l’apprendimento è facilitato, specialmente per chi ha una buona memoria visiva. E poi la televisione veicola non solo la lingua, ma anche la cultura, le abitudini, e quasi l’intero universo di un popolo.

Quando la capacità di capire, la rapidità nel cercare sul dizionario, e le possibilità di internet lo consentirono (ossia dopo almeno un paio di anni), arrivò il lungo periodo della lettura di romanzi.

I primi e più numerosi erano quelli di argomento sentimentale, più facili da reperire online e decisamente più semplici nel linguaggio. Dopo fu il turno di alcuni classici della letteratura moderna europea, letti prima in italiano, inglese o francese, poi (con grande pazienza e meticoloso confronto con l’originale) in cinese. In una fase più matura furono tanti romanzi autentici, letti nella sola lingua cinese, recenti, di diverso genere e autore, a partire da capolavori contemporanei come quelli di Yu Hua e Mo Yan. E alla lettura personale si affiancava l’ausilio degli audiolibri, letti da voci tonanti, a volte forse un po’ troppo solenni, ma così ben articolate da non potersene stancare.

Nel frattempo internet era diventata molto più ricca e user friendly, e i computer stessi iniziavano a visualizzare i caratteri e scrivevano in cinese senza dover ricorrere a trucchi da esperto. Dizionari online, canali televisivi e radiofonici, video, social network, ognuno con le sue caratteristiche ha dato il suo contribuito e ha permesso di coltivare una certa sensibilità linguistica.

E naturalmente un ruolo cruciale lo hanno svolto i viaggi e la permanenza a casa di cinesi veri, nella Cina vera, in contesti autentici e confrontandosi con problematiche reali. Ogni incontro può costruire la capacità di comprendere e di esprimersi, e soprattutto è utile l’ascolto dei diversi accenti tra le regioni del sud e quelle del nord, dei modi diversi di parlare tra giovani e anziani, delle sonorità solenni dei discorsi ufficiali. L’attività professionale ha poi indirizzato e potenziato ambiti disparati, e affinato (sempre provvisoriamente…) quanto acquisito negli anni.

Antonino

Leggi anche la Parte I, Parte II e Parte IV!

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