Il sogno cinese di Guli: lo Xinjiang visto da Pechino

La provincia cinese dello Xinjiang è un territorio molto vasto (oltre cinque volte l’Italia) ma scarsamente popolato; il suo sviluppo è rimasto finora ai margini rispetto a quello della Cina orientale anche a causa di fattori storici e culturali. Lo Xinjiang è situato in una posizione strategica al centro dell’Asia, ed era attraversato dalla via della seta; attualmente il rapporto con il governo centrale è spesso conflittuale, e negli anni alle tendenze separatiste si sono affiancati scontri violenti.

La maggioranza della popolazione è uigura di religione islamica, e questo è considerato un fattore di instabilità: per questo molti cinesi Han , spinti non solo da motivi economici ma anche incoraggiati da apposite campagne politiche, si sono stabiliti negli anni in varie aree della provincia, creando non poche frizioni con i residenti. Il recente progetto del governo di Pechino per una “Nuova via della seta” (一带一路, in inglese One belt one road) ha comportato però una ridefinizione del ruolo della provincia, insieme ad una maggiore attenzione per la stabilità e la coesione sociale.

In quest’ottica si possono leggere degli spot pubblicitari dalla televisione statale CCTV che promuovono la vita nello Xinjiang e prospettano possibilità di successo professionale e personale in loco, non necessariamente quindi – come spesso accade – in seguito a migrazione verso le zone più sviluppate del Paese. La sceneggiatura di questi messaggi naturalmente è studiata nel dettaglio, dovendo veicolare ad un tempo i valori della persona, ma in un quadro di crescita economica generalizzata.

Lo spot “Il sogno cinese di Gu Li” veicola tutti i tratti della propaganda ottimista di Pechino. Come viene spiegato sullo stesso sito della CCTV, che lo ha prodotto, lo spot fa parte di una campagna preparatoria per il 19° congresso del partito comunista. Il tema generale è quello del “sogno cinese”, un adattamento del “sogno americano” che promette benessere individuale in funzione del proprio impegno personale, e che permetterebbe a chiunque di essere partecipe – e nello stesso tempo beneficiare – della crescita cinese, secondo una dinamica da “soft power“.

I temi che si intrecciano durante la pubblicità sono quelli della perseveranza e della fiducia nelle risorse personali ma anche – implicitamente – nelle capacità del partito di garantire le condizioni perché i sogni si possano realizzare. Il tutto viene inquadrato nel variegato paesaggio naturale e culturale dello Xinjiang e in un’ottica di pacifica e proficua coesistenza delle etnie uigure e han.

“Il sogno cinese di Gu Li” dura 1’30”, si apre su una musica dai toni mediorientali e su una scena del paesaggio naturale della contea di Yengisar, non lontano da Kashgar. Si passa subito a un’inquadratura familiare, ambientata – si desume – una quindicina d’anni fa in una casa decorata in modo tradizionale; una mamma in costumi etnici conferma alla laboriosa figlia Gu Li la buona riuscita nella cucitura di una piccola stoffa; la bambina riprende il lavoro ripromettendosi di migliorare ancora in futuro. Le due protagoniste parlano in putonghua con un gradevole accento uiguro, e d’altra parte i lineamenti sono inconfondibili.

La scena sfuma su un tempo molto più recente. Gu Li adesso è diventata una giovane donna; nel presentarsi racconta di aver sempre vissuto nello Xinjiang, e di come cucire sia sempre stata la sua attività preferita; lei ha condiviso con le sue amiche la speranza di “tessere il suo sogno” con le sue stesse mani, in senso quindi metaforico ma anche concreto.

Una prima opportunità le è offerta quando lei e le sue amiche vengono assunte in una piccola fabbrica di guanti appena aperta proprio nel suo villaggio, le cui dipendenti sono tutte donne.

La fabbrica è minimalista ma molto luminosa e pulita; e soprattutto spicca una bandiera cinese e un cartello sui rischi di incendio, a riprova dell’attenzione alla sicurezza. La caporeparto dà indicazioni sulla lavorazione, e le operaie si mettono al lavoro. Il colore rosso è presente ovunque, sia nelle trame degli abiti delle operaie, sia nei fili adoperati nelle macchine da cucire.

Nonostante il visibile impegno di Gu Li, il primo paio di guanti che realizza viene valutato dalla caporeparto come non conforme e scartato davanti a tutte le altre operaie, con grande delusione della ragazza. È lei stessa che si confida alla madre, ammettendo la cattiva riuscita del suo lavoro; la madre però la incoraggia a non arrendersi e la sprona a realizzare il sogno che aveva da bambina.

Gu Li si convince a lavorare sempre meglio trattenendosi alla sua macchina da cucire anche fino a notte fonda; lei stessa ammette che è il suo sogno a darle tanta forza di volontà. All’apertura le colleghe e la caporeparto trovano Gu Li addormentata al posto di lavoro, ma la fatica che ha fatto viene subito ripagata: i guanti che ha realizzato sono davvero ben cuciti, e lei viene lodata dalla caporeparto e applaudita da tutti.

In una terza sequenza, oggi Gu Li è diventata dirigente della fabbrica di guanti. Il suo nome completo, Gu Liya (in questa forma peraltro suona meno esotico) è accompagnato dalla sua posizione professionale, direttrice della fabbrica di guanti Zhongxing, nella contea di Chengguan, nei pressi di Kashgar. Il dettaglio è importante, in quanto lei stessa sottolinea di non essersi mai allontanata dallo Xinjiang, e di avere tuttavia potuto “stringere la mano” a tutto il mondo, riferendosi anche ai guanti che la fabbrica produce.

In un’altra inquadratura, in abito più formale Gu Li ispeziona calma il lavoro in fabbrica, ed è chiaro che è benvoluta dalle dipendenti. La sua riconoscenza va al programma “Nuova via della seta”, grazie alla quale le commesse sono aumentate di molto, permettendo a tutti di migliorare la qualità della vita. In una scena all’aperto si vede un gran numero di camion che caricano scatoloni pronti alla spedizione, mentre Gu Li sovrintende alle operazioni.

I guanti hanno permesso alla speranza di volare verso il mondo, eppure integrazione e modernità non hanno cancellato le tradizioni: una festa al suono di strumenti e balli folkloristici fa da sfondo all’esperienza di Gu Li, tornata in abiti tradizionali: è possibile cambiare la vita con le proprie mani, e nello stesso tempo infondere ad ogni paio di guanti l’atmosfera dello Xinjiang. Il suo sogno era di partecipare al sogno cinese, e lei c’è riuscita pienamente.

Immagine: un fotogramma della pubblicità. Fonte: qua, modificata.