Generazione “mangiavecchi”

Secondo i valori cinesi tradizionali, uno dei doveri più importanti dei figli è la “pietà filiale”, un precetto che include il rispetto e la cura dei genitori dal punto di vista materiale ma anche affettivo. Sempre nella mentalità tradizionale un’ulteriore garanzia a favore dei genitori era costituita dai numerosi figli, che specialmente in una società contadina concorrevano al benessere della famiglia.

Entrambi i valori sono però stati messi in crisi dalla società moderna, in quanto da un lato la legge “del figlio unico”, dall’altro la separazione delle famiglie dovuta alle mutate condizioni del mercato del lavoro hanno privato molti genitori del supporto dei figli. La situazione è così diffusa che qualche anno fa, per tentare di invertire la tendenza, era stata varata una legge che obbligava i figli adulti ad occuparsi dei genitori anziani, andando a trovarli più spesso e provvedendo ai loro bisogni materiali, in un contesto in cui la mancanza di un welfare adeguato lascia i più deboli in una situazione particolarmente delicata.

Da qualche tempo però la tendenza si è ulteriormente evoluta: una percentuale importante di giovani vede questi dipendenti economicamente dai genitori fino ad un’età decisamente avanzata. La fascia di età è quella dai 23 ai 30 anni circa, ossia quella che fino ad alcuni anni fa era considerata la più produttiva e il cui tasso di disoccupazione era minimo.

Le mutate condizioni macroeconomiche hanno fatto sì che molti giovani non abbiano (ancora) un lavoro, meno ancora un lavoro stabile, e addirittura molti di loro non lo cerchino neanche più. A queste persone non resta che dipendere economicamente dai genitori per un tempo indeterminato, guadagnandosi il nome non certo gradito di “rosicchia-anziani” o “mangiavecchi” (啃老族).

Data la diversità di casistiche, il numero di mangiavecchi è già alto: le statistiche condotte dal Centro Cinese di Ricerca sulle età avanzate mostrano che il 30% dei giovani dipendono del tutto o in parte dai genitori, e che il 65% delle famiglie vive direttamente il fenomeno. Il fenomeno rappresenterebbe uno dei costi sociali della rapida urbanizzazione, che pur in un quadro di sviluppo economico dinamico produce delle sacche di inattività.

Inoltre, dato l’invecchiamento generale della popolazione, il problema tende ad assumere proporzioni e gravità crescente. Infatti, di pari passo all’invecchiamento, emerge un altro fenomeno relativo alle fasce di età inferiore, quello dei ragazzi “fragola”, così chiamati per evidenziarne la fragilità effettiva nonostante un aspetto esteriore di grande freschezza ed energia. Anche in Cina infatti in molti iniziano a rifiutare i lavori più umili, a licenziarsi da quelli più faticosi, oppure ancora a cambiare frequentemente impiego, rifugiandosi nell’ovattato ambiente di casa.

Il fenomeno è paragonabile a quello dei NEET, giovani che né frequentano scuola o corsi di formazione né lavorano. Nella specificità cinese queste persone possono anche essere disoccupate “di ritorno”, oppure avere smesso di cercare un lavoro dopo un periodo di ricerca infruttuosa o poco convinta. La loro vita è strettamente legata a quella dei genitori: come rilevano anche alcuni esperti, la dipendenza dai genitori si estende all’ambito dell’autonomia personale, influendo negativamente sulla formazione del carattere personale e di cittadino.

In genere i mangiavecchi cinesi sono suddivisi in quattro categorie: gli idealisti, gli sfiduciati, i solitari e i viziati. La prima categoria, quella degli “idealisti”, vanno alla ricerca del lavoro ideale, ma non trovandolo passano da un’occupazione ad un’altra, sacrificando la solidità economica. La seconda categoria, gli “sfiduciati”, dopo un’esperienza lavorativa negativa perdono fiducia nelle proprie capacità e di fatto assumono un comportamento evitante, rinunciando a cercare un nuovo lavoro. I “solitari” sono persone che sin da piccole hanno avuto difficoltà nei rapporti sociali, mentre i “viziati” sono stati caricati sin dall’infanzia di aspettative eccessive da parte dei familiari;  il loro successo scolastico è stato finalizzato a soddisfare le speranze dei familiari, e pertanto non hanno sviluppato né capacità di iniziativa né ambizioni proprie.

Gli studiosi di scienze sociali spesso accostano i mangiavecchi ai lattanti, in quanto, metaforicamente, essi dipendono interamente dalla “madre”, rappresentata dalla famiglia in senso esteso. L’aspetto comune a tutte le categorie è però l’incapacità o la scarsa volontà di gestire la propria vita professionale quando anche non sociale.

La situazione è mal tollerata dalle generazioni di età maggiore, tanto che nello Shandong una legge per i diritti delle persone anziane, già in vigore da 15 anni, è stata emendata garantendo agli anziani il diritto di rifiutare il sostegno economico ai familiari che posseggano capacità lavorative proprie. Secondo il legislatore infatti la mancanza di lavoro non deve diventare un espediente per pretendere denaro dai familiari.

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Giovani alla ricerca di occupazione. Fonte.

Nonostante la valutazione negativa del fenomeno da parte degli studiosi, il sostegno da parte dei familiari più anziani assume anche la valenza di ammortizzatore sociale per le fasce meno professionalizzate o il cui accesso al mercato del lavoro è ostacolato da vari fattori.

Una causa indiretta del rifiuto di impegnarsi in lavori faticosi o poco remunerativi sembra essere l’eccessiva condiscendenza di cui hanno goduto le generazioni nate in applicazione della legge “sul figlio unico”: molti giovani sono ritenuti viziati e troppo esigenti, anche se parte della colpa viene attribuita ai genitori, molti dei quali incapaci di trasmettere ai figli i valori del lavoro e dell’indipendenza. In alcuni casi i genitori infatti sono persone di modesta estrazione sociale i cui valori educativi sono molto elementari. I figli da loro cresciuti sono i più a rischio di diventare mangiavecchi e di trasmettere questo lassismo ai propri figli.

Inoltre, sostiene il prof. Chen Tongming, vicedirettore dell’accademia di scienze sociali del Ningxia, il sistema scolastico cinese, orientato agli esami, determina una percezione dell’impegno concentrata sul breve termine, fatto che non aiuta la maturazione e lo sviluppo delle competenze richieste invece dal moderno mercato del lavoro.

Molti ragazzi si allontanano dal mondo del lavoro anche a causa di aspettative eccessive e deluse, o per mancanza di esperienza nel crearsi una strada propria. In Cina lo spirito imprenditoriale è molto diffuso, ma non questo è sufficiente per iniziare attività in proprio: spesso le ambizioni vengono frustrate, generando perdite economiche e un ritorno inglorioso del giovane a casa dei genitori.

Altra situazione invece è quella di chi rimane tagliato fuori dal mercato del lavoro, o che percepisce redditi minimi e non ha prospettive di miglioramento. In particolare, molti dei licenziati dalle aziende statali (xiagang) non sanno adattarsi ai ritmi e alla pressione del lavoro nel privato, e spesso si arrendono alle difficoltà. Come spiega la professoressa Li Chunling dell’Accademia di Scienze Sociali, già nel 2009, circa 165000 tra i laureati vivevano a spese della famiglia a causa della difficoltà di trovare un lavoro all’altezza del curriculum.

Il mercato continua ad evolversi, pertanto anche le autorità, con una visione di medio termine, dovrebbero programmare interventi per il sostegno del lavoro e per la formazione continua, puntando sull’emancipazione dei giovani e una stabilità che non è solo economica ma anche sociale.

Immagine: una pubblicità sociale per incoraggiare i giovani a diventare più autonomi. “Te la senti davvero di prosciugare i sudati risparmi dei tuoi genitori?” Fonte.