Faccia a faccia, 面 / 脸

In cinese esistono due termini differenti per indicare la parola faccia: lian (脸) e mian (面). La differenza tra i due sta principalmente nell’utilizzo e nell’ambito lessicale all’interno del quale sono adoperati.

Lian (脸) si riferisce al viso come parte del corpo e all’espressione facciale; mian (面) letteralmente significa superficie/lato (ma anche spaghetti!) e viene associato a qualcosa di simile al concetto di reputazione, dignità.

Mianzi (面子) non può essere di conseguenza né tradotto né definito in modo preciso, almeno se prendiamo in considerazione soltanto il termine faccia.

Questo concetto costituisce lo standard più delicato attraverso il quale i cinesi regolano i rapporti sociali.

In generale, mantenere la faccia equivale a comportarsi in modo tale da evitare l’imbarazzo pubblico e salvare la propria immagine. Per tale motivo, il termine potrebbe essere tradotto con reputazione, dignità o prestigio.

In una società a matrice gerarchica e collettivista come quella cinese, 面子 è la reputazione di ogni individuo, nonché il prestigio che ciascuno possiede nei luoghi che frequenta e nella sua vita quotidiana.

La suddetta reputazione si può ottenere e, soprattutto misurare, in svariati modi tra i quali:

  • ottimo curriculum scolastico
  • risultati eccellenti al lavoro
  • stipendio di alto livello
  • auto di valore
  • abiti di marca

Avere 面子 significa essere ben visti agli occhi degli altri, è una sorta di garanzia di dignità personale, di essere considerati una persona di un certo valore. I detti popolari sull’argomento spopolano. Eccone uno dei più diffusi.

Renhou lian, shuhou pi  人后脸,树后皮

“Gli uomini non possono vivere senza faccia cosi come gli alberi non possono vivere senza corteccia”

Quando un occidentale interagisce con un cinese dovrebbe essere consapevole di quanto sia necessario evitare qualsiasi atteggiamento o azione che potrebbe portare alla perdita della faccia, non solo la sua ma soprattutto quella dell’interlocutore. Senza le dovute attenzioni, ogni prospettiva di affari, di relazione o di collaborazione potrebbe andare a monte.

L’impassibilità dei cinesi ha radici antiche che li spinge a controllarsi in ogni conflitto interpersonale, mantenendo un atteggiamenti neutro in caso di conflitto.  Non bisogna mai indebolire il prestigio dell’altro, perché questo non farebbe altro che procurarsi nemici e la riprovazione generale.

In Cina perdere la faccia (丢面子, diūmiànzi) è una vera umiliazione, una delle principali fonti di imbarazzo e vergogna. Litigare, urlare, esibirsi in manifestazioni troppo affettuose significa ostentare qualcosa che sarebbe meglio evitare di mettere in pubblico.

Ecco qualche esempio concreto in cui si può far perdere la faccia all’interlocutore:

  • offesa personale
  • correzione di un capo di fronte ad altri
  • pubblico racconto di episodi personali legati alla sfera intima
  • mancato rispetto verso un ospite

Bisogna al contrario “dare la faccia” (给面子, gěimiànzi ) al proprio interlocutore, ovvero cercare di salvaguardarne la reputazione o garantirne il prestigio, senza che questo metta in ombra altri individui, o che crei uno squilibrio nella relazione.

Pare banale quanto sopra descritto, in alcune circostanze si tratta semplicemente di buonsenso, dove probabilmente chiunque si comporterebbe nel modo adeguato pur non conoscendo i cardini della cultura cinese. Ma in Cina si tratta di qualcosa di più profondo, perché la perdita della faccia è un punto di non ritorno, e ricucire un rapporto dopo uno strappo di questo genere può essere più complesso di quanto si possa immaginare.

Per evitare brutte figure, potrebbe essere utile un piccolo vademecum per salvare la faccia:

  • Controllarsi quando si è in mezzo agli altri
  • Non urlare o litigare in pubblico
  • Cercare di non far notare gli errori dell’interlocutore di fronte ad altre persone o a estranei
  • Fingere di rifiutare educatamente un regalo ma infine accettarlo prendendolo con entrambe le mani
  • Mostrare rispetto per le persone in generale (soprattutto se appartenenti ad un livello superiore in una scala gerarchica)
  • Non accusare l’interlocutore di mentire anche quando si è certi che stia dicendo una bugia
  • Evitare di contrariare o rifiutare qualcuno apertamente
  • Salutare un sottoposto prima di un leader
  • Rifiutare una richiesta ad un ospite

Sembrerebbero semplicemente norme di buona educazione, ma non è soltanto questo. Che differenza c’è con la buona educazione di stampo occidentale?

In Occidente tendenzialmente si usano strategie per salvare la faccia come difesa narcisistica, ovvero per proteggere se stessi da umiliazioni o imbarazzi. Le culture individualiste usano la faccia per la creazione di un’identità personale, mentre le culture collettiviste si concentrano più su un principio di inclusione in un’identità collettiva.

Ciò significa che in Occidente le strategie per salvare la faccia sono mirate alla difesa dell’individuo e non si curano troppo del contesto sociale, mentre in Oriente servono a mantenere salde le relazioni interpersonali.

Nella cultura cinese, il contesto in cui si svolge la comunicazione (gesti, atteggiamenti, linguaggio del corpo ecc.) è molto più importante delle parole. Può capitare, ad esempio, che alla domanda di uno straniero, un cinese risponda con un “sì” ma agisca come un “no”. Questo tipo di comunicazione deliberatamente ambigua è ideata per far sapere all’interlocutore che la risposta è “no” ma che si vuol mantenere in ogni caso la relazione.

Chi non è avvezzo a questo sistema dando tendenzialmente importanza all’integrità delle parole percepirà una bugia della controparte, dove invece un cinese non vede alcun inganno, poiché capace di interpretare il contesto comunicativo creato da gesti e linguaggio del corpo in modo differente.

Questa percezione discordante rappresenta la principale differenza tra le due tradizioni culturali. Riuscire a capire ed accettare questo modo di pensare e di agire è d’estrema importanza per chi intende intrattenere dei rapporti fruttuosi e duraturi con i cinesi.

“Dare” e “salvare” la faccia sono i migliori strumenti a disposizione per fare breccia nei cuori asiatici, la vera chiave di volta per una efficace comunicazione interculturale.

Immagine: una breve trattazione sulla “faccia”. Fonte: qua, modificata.