Città e diritti dei lavoratori migranti

Lavoratori migranti in Cina

La rivista Liaowang Donfang (瞭望东方, Oriental Outlook) è un settimanale di Shanghai che dipende dall’agenzia di stampa governativa Xinhua. Nonostante questo, ha una fisionomia originale e una linea editoriale piuttosto indipendente. Il suo pubblico è focalizzato principalmente sulle élites urbane.

Recentemente è stato pubblicato un articolo di un opinionista (non firmato) sulle condizioni di vita dei lavoratori migranti nelle città. Secondo il sistema dello hukou, la fruizione della maggior parte dei servizi pubblici può avvenire solo nella zona di residenza, e nel caso dei lavoratori migranti questa è la campagna d’origine. La mancanza di diritti in città è causa di degrado e di una bassa qualità della vita per ampie fasce di popolazione, e non solo per gli adulti, ma anche per i loro figli, ai quali non di rado è negato l’accesso alle scuole pubbliche.

Il giornalista, consapevole di questi problemi, pone l’accento sui diritti dei lavoratori migranti, con un linguaggio vagamente occidentale, ma nei fatti in linea con la politica attuale, orientata idealmente alla riduzione dei disequilibri fra città e campagna. Ecco un estratto del contenuto.

Secondo una stima del Centro di ricerca sullo sviluppo del Consiglio di Stato Cinese, nel corso del 12° piano quinquennale (2011-2015) la forza lavoro impiegata nel settore agricolo scenderà dagli attuali 295 milioni di occupati a circa 250 milioni, con un decremento di circa 45 milioni. Queste persone cercheranno un inserimento in lavori non agricoli nelle zone urbanizzate.

L’abbandono del lavoro e il cambiamento di residenza da parte di tutta questa gente significa che nei prossimi cinque anni la Cina dovrà affrontare l’urbanizzazione di masse di lavoratori rurali di enorme portata. Il problema è che l’inurbamento reale non contiene naturalmente né può sostituire quello regolamentato, e la tensione tra questi opposti potrebbe generare squilibri e tensioni sociali.

L’urbanizzazione in Cina è cresciuta dal 17,9% del 1979 al 49,7 del 2010, e di 160 milioni di unità nel nel solo periodo dal 2000 al 2009. Benché il fenomeno in sé sia indice di un generale progresso verso attività più avanzate, nondimeno comporta grandi conseguenze sull’occupazione, gli alloggi, la scolarità, la sanità, e in generale tutti i servizi pubblici.

La conversione da forza lavoro agricola ad abitanti della città è un fenomeno normale nel corso dell’inurbamento, ma per affrontare il futuro progredire di questo processo bisogna prima di tutto assicurare la formazione di una sana cultura dell’urbanizzazione. Concedere lo status legale di nuovi migranti (o migranti di seconda generazione) è certamente un primo passo verso il loro riconoscimento, ma non può essere l’unico, perché bisogna anche vigilare sulla formazione di zone urbane degradate e sull’impoverimento delle popolazioni urbane.

Nell’articolo si fa riferimento ad altri paesi in via di sviluppo, come l’India, dove c’è chi pianta tende a scopo abitativo persino nei grandi centri urbani, o la Mongolia, dove l’amministrazione comunale di Ulaanbaatar assegna gratuitamente dei piccoli lotti di terreno dove erigere le yurte. Questo genere di residenza di lungo periodo però genera povertà, sfruttamento, rischio di epidemie, e ulteriori conseguenze negative. L’autore dell’articolo ricorda anche la situazione della capitale mongola, dove più di metà della popolazione vive nelle tende, così che durante i freddi inverni la città è avvolta nel fumo delle stufe. Bisogna quindi fare tesoro di queste esperienze, e considerare la necessità di prevedere degli adeguati servizi pubblici per i lavoratori migranti che si avvicinano alle città, e di predisporre anche delle misure di supporto speciali per i lavoratori caduti in povertà.

Un altro problema è quello dell’urbanizzazione come conseguenza ulteriore dello svuotamento delle campagne e del peggioramento della qualità della vita lontano dalla città. Trascurare questo aspetto e sfruttare i lavoratori semplicemente come forza lavoro a basso prezzo porterebbe a pesanti conseguenze sul piano economico e sociale. Se dal punto di vista del singolo lavoratore l’ingresso nella città è visto come un passo avanti, dal punto di vista collettivo la loro dignità dipende in definitiva dalla prosperità delle campagne.

Solo quando la vita in città e in campagna diventerà una scelta di uno stile di vita ugualmente desiderabile, e quando questa scelta non dipenderà dalle sole necessità sopravvivenza, potrà essere definitivamente superata questa fase del processo di inurbamento. Una tale inversione di tendenza non è impossibile: si infatti è verificata negli USA dagli anni ’50 agli anni ’70, anche grazie al costante miglioramento delle condizioni delle aree rurali.

La Cina si trova attualmente nella fase principale del processo di inurbamento, e gli esperti ipotizzano per il 2015 una percentuale di popolazione residente in aree urbane del 52% e l’arrivo di ulteriori 100 milioni di persone: un problema la cui soluzione deve essere affrontata con attenzione dagli organi politici di ogni livello. Per assicurare i diritti dei nuovi abitanti urbani provenienti da un contesto di lavoratori migranti bisogna fare in modo che l’identità di abitante rurale non costituisca un ostacolo al godimento dei diritti di residente cittadino, e garantire e rispettare il diritto allo spostamento, alla ricerca del lavoro, e alla partecipazione alla costruzione della politica e della società.

Bisogna inoltre rinforzare gli investimenti nei servizi pubblici delle città, ed estendere la copertura del welfare a tutti gli abitanti, che vengano o meno dalle campagne. Allo stesso modo bisogna rinforzare il sistema dell’istruzione e le gli apparati basilari nelle campagne, in definitiva per renderle una zona di produzione di eccellenze, dove sia possibile realizzare le proprie ambizioni, e non solo una zona marginalizzata dove nasce la forza lavoro a basso costo.

La conclusione dell’autore è che il modo migliore di garantire lo sviluppo equilibrato delle campagne e delle città e il rispetto e il benessere dei lavoratori migranti consiste proprio nell’eliminare alla radice “i tre problemi delle campagne” (三农, abbreviazione di 农村, 农业, 农民, aree rurali, agricoltura, contadini), nell’annullare l’opposizione tra campagna e città, passi ineludibili sul percorso della modernizzazione della Cina.

(Foto mia: 休息一下, Shanghai 2009)

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