Dica 33 – 看病

Entrati in uno studio medico, oltre alle domande di rito e alla misurazione della pressione, tempo fa, il classico dottore di famiglia era solito auscultare i polmoni chiedendo al paziente di pronunciare un numero, e non uno qualsiasi.

Dica 33

Con lo stetoscopio freddo appoggiato al torace, il medico cercava una vibrazione sonora, prodotta dall’aria che si muove nella laringe e si espande nei bronchi. Avendo il numero “33” diverse consonanti dentali e vibranti, nell’emissione di quel suono si producono numerose onde sonore. Così la diagnosi di eventuali problemi a polmoni e apparato respiratorio diventava più semplice.

Negli anni, la medicina ha fatto incredibili balzi in avanti in campo tecnologico con la scoperta di nuove tecniche diagnostiche basate soprattutto su esami, radiografie, test, analisi e di pari passo sono aumentate le terapie a base principalmente farmacologica.

Il sesto senso del vecchio dottore e la sua attenzione verso il paziente si son pian piano persi per la strada?

Probabilmente anche per ragioni di tempo, il rapporto medico-paziente si è modificato nel tempo. Una volta il dottore era uno dei fulcri di una comunità. Conosceva la storia di ciascuno, e non solo quella clinica. Nella presa in carico di un paziente oltre che a sentire il polso, misurare la pressione sanguigna, controllare la lingua, le unghie, la pelle, la gola e tastare l’addome, anche una buon terzo grado era considerato indispensabile.

Conoscere la storia familiare, le patologie dei parenti stretti, le abitudini, i vizi, le relazioni sociali e le attitudini personali serviva per inquadrare meglio l’individuo e il suo stato di salute.

L’esterno del corpo umano si pensava avesse una stretta relazione con gli organi interni. Se le funzioni di questi ultimi presentavano dunque un cambiamento, ciò si esprimeva all’esterno nei mutamenti dello stato d’animo, e nel colore, forma e atteggiamento del fisico. Per cui osservando e tastando i cambiamenti esterni del corpo e quelli delle funzioni degli organi interni, si potevano dedurre i mutamenti avvenuti nei visceri.

Nella pratica concreta, la prima cosa da fare era accogliere la persona. Non liquidarla in due minuti con il rimando ad uno specialista o con la prescrizione di un elenco di farmaci lungo quanto la lista della spesa per le feste natalizie.

Il secondo passaggio era osservare lo stato d’animo, il viso, l’aspetto, la pelle e procedere con la verifica del polso e delle escrezioni.

In cinese, i termini principali che riguardano la sfera medica sono i seguenti:

  • fare una visita – 看病

看 – kàn: guardare, visitare, considerare

病 – bìng: malattia, disagio

  • diagnosi – 诊断

诊 – zhěn: esaminare

断 – duàn: tagliare, sezionare, giudicare

  • terapia – 治疗

治 – zhì: governare, controllare, trattare

疗 – liáo: cura, terapia

È intuibile dal linguaggio che l’idea della visita e dei passi successivi implicava un rapporto personale, in cui la considerazione dell’interlocutore a tutto tondo era il perno dell’incontro.

Tramite l’ascolto e la conoscenza del corpo, il terapeuta poteva impadronirsi sistematicamente delle varie informazioni relative alla persona, guidando la cura clinica.

L’osservazione, la percezione uditiva/olfattiva, le domande, la palpazione sono tuttora i cardini della visita diagnostica nell’odierna concezione della medicina tradizionale cinese. Questi concetti paiono essere i medesimi della vecchia scuola dei medici di famiglia, i principali diffusori della medicina occidentale sul territorio.

E se alla base delle due correnti di pensiero ci fosse lo stesso principio?

Immagine: un farmacista tradizionale cinese. Fonte: qua, modificata.