Come ti chiami? E come ti chiamo?

Chiamare: attirare l’attenzione di qualcuno pronunciandone il nome o indurre un avvicinamento tramite un segnale di natura vocale.

Dopo il saluto, il primo passo naturale da compiere per approfondire una conoscenza pare essere, di prassi, quello di chiedere il nome al proprio interlocutore.  Come ti chiami? Rivolgersi a qualcuno utilizzando il nome proprio, è fatto diffuso e comune che, in Italia, poco racconta riguardo il livello di confidenza tra due persone.

Il comune “Ciao, io sono … e tu?”, non sembrerebbe domanda degna di una qualche nota; ma tanto è ordinario e abituale chiedere al primo incontro il nome di una persona nel Bel Paese, quanto è inconsueto il medesimo comportamento in Cina. In effetti, per essere più precisi, non è che non si possa chiedere il nome proprio a una persona cinese, anzi sicuramente il destinatario della domanda chiuderà un occhio se essa è pronunciata da labbra occidentali, mentre potrebbe rimanere di stucco se essa provenisse da un suo conterraneo.

Nei quanto mai rigidi e normati rituali che presiedono agli scambi sociali, ci sono però tradizioni e consuetudini ormai consolidate da tempo, che dettano in modo minuzioso la condotta da mantenere affinché lo scambio rimanga in un ambito considerato “ordinario” (正常). Domande sulla professione, lo stipendio mensile, lo stato coniugale, per citare gli argomenti più frequentemente oggetto di brevi conversazioni, sono molto più significative del chiedere nome e cognome al proprio interlocutore. Conoscere il nome della persona con la quale si sta parlando non è nella top ten degli interrogativi posti. Al primo incontro ci si aspetta dunque un altro genere di domanda.

Ad un orecchio europeo, sentirsi domandare da uno sconosciuto Quanto guadagni al mese? Sei sposato? Hai dei figli? è spesso visto come indice di maleducazione o per lo meno di cattivo gusto, mentre tutto ciò è considerato assolutamente normale da parte della persona cinese, che ci incalza con sorriso e occhi curiosi aspettandosi una celere risposta al suo “terzo grado”. Soltanto chi ha frequenti contatti con gli stranieri riesce a comprendere quanta poca naturalezza e quanto invece sia elevato il livello di imbarazzo di chi si trova a dover rispondere a quesiti strettamente riservati, in Italia, alla sfera privata. Il concetto di riservatezza in Cina avvolge diversi argomenti, ma non quanti Yuan/Euro guadagna ciascun individuo dopo le sudate ore di lavoro né tanto meno se una persona ha un marito, una moglie e dei figli.

Il nome proprio (sia quello ufficiale che il soprannome per pochi intimi) appartiene più all’ambito privato che a quello pubblico: nella stragrande maggioranza delle occasioni sociali difatti è preferibile rivolgersi agli altri tramite appellativi che richiamano il possibile legame con età, gerarchia, status e confidenza. Non è raro che l’orecchio si imbatta in parole quali Dage / Dajie / Shushu / Ayi (rispettivamente Fratello maggiore / Sorella maggiore / Zio / Zia): bisogna prestare particolare attenzione all’uso di questi vocaboli, in quanto essi perdono il loro significato letterale e diventano un modo per chiamare l’altra persona senza ricorrere al suo nome proprio. Quindi non cadiamo nella trappola dello scambiare un semplice gruppo di amici per una famiglia numerosa, e non stupiamoci del chiamare Zio / Zia una persona con cui non si ha alcun legame di sangue.

Valutare quale sia di volta in volta l’appellativo adatto alla circostanza non è così immediato e semplice quanto può apparire, nel senso che la scelta di un sostantivo piuttosto che un altro è tratto saliente della relazione e ha implicazioni dirette sul grado di rispetto che si vuol mostrare all’interlocutore. Generalmente nel vagliare le opzioni si tiene conto prima di tutto dell’età, poi dello status sociale, e in ultimo del livello di confidenza. Più alto è lo scarto generazionale, più ossequioso sarà l’appellativo. Stesso discorso per individui appartenenti a categorie o ceti sociali dissimili: la deferenza aumenta proporzionalmente con la differenza di condizione e di grado gerarchico.

Prima di pronunciare la fatidica frase Tu come ti chiami? (Ni jiaoshenmemingzi?, 你叫什么名字?) procediamo quindi per gradi, avvicinandoci mostrando interesse ma mantenendo equilibrio e moderazione, rispettando e accogliendo con un po’ di ironia le reciproche gaffe dei primi scambi comunicativi.

Rong Jingling

Rong Jingling, antropologa, sinologa, e di natura fondamentalmente curiosa. Sguardo aperto e occhi dischiusi a cercare l’orizzonte, proprio come un aquilone lasciato in balia del vento.  

Immagine: “Come ti chiami?” – “Mi chiamo…”. Fonte. Licenza CC BY-SA 2.0