Canta che ti passa: KTV

TV: acronimo di Karaoke Tele Vision, indica un luogo di intrattenimento a sfondo canoro molto diffuso in Cina.

卡拉 OK, kala jiuba (卡拉酒吧), kala julebu (卡拉俱乐部)  sono termini diversi per indicare la stessa tipologia di locale, quel che in Italia è comunemente diffuso col nome di karaoke.

Il meccanismo alla base è il medesimo: microfono, canzoni sottotitolate da cantare e un pubblico dinanzi al quale esibirsi.

Quel che cambia è l’ambiente fisico in cui si svolgono queste performance e le estensioni che si nascondono oltre il semplice sfoggio delle corde vocali.

Nel Belpaese i karaoke si erano diffusi in seguito al successo travolgente di un programma televisivo, condotto da Fiorello e denominato proprio Karaoke, che negli anni ’90 andava in onda tutte le sere per una trentina di minuti alle ore 20:00. Formula semplice e vincente: in una piazza allestita soltanto di palco e schermo, si alternavano dei concorrenti che cantavano una lista predefinita di canzoni. Al termine delle varie esibizioni al pubblico veniva chiesto di scegliere il vincitore. Carisma del presentatore e coinvolgimento nel meccanismo avevano generato una miscela esplosiva.

Orde di persone si riversavano in piazza a dar libero sfogo alle proprie ugole d’oro, e altrettanti si dilettavano con motivetti pop sul divano di casa davanti alla tv.

I locali che avevano aperto sulla scia della popolarità del programma, non fecero però alcun boom, furono meteore nel panorama degli intrattenimenti serali più amati dagli italiani.

In Cina, i KTV sono invece tuttora una vera e propria istituzione. Non conoscono cali di presenze, e la loro diffusione è imbarazzante. Ogni cittadina, anche la più piccola come dimensioni, ne ospita almeno uno, mentre nei grandi centri urbani se ne trovano una sfilza uno accanto all’altro. Non si discostano di gran lunga, come numero, da banche e parrucchieri.

Puntando a diversi target di clientela, i gestori dei KTV, negli anni si sono sbizzarriti e ne hanno creati per tutti i gusti: per chiunque senta la necessità irrefrenabile di esprimere il proprio animo artistico, di ritrovarsi con gli amici o di passare qualche ora in dubbia compagnia, questi locali sono quasi sempre la scelta privilegiata.

La principale differenza con la versione italiana è che non ci si esibisce in piazza di fronte a sconosciuti, ma dinanzi ai compagni di avventura in stanze chiuse, private, di varie dimensioni.

La maggior parte si sviluppa su più piani, con un dedalo di corridoi e porte tutte uguali che accendono il desiderio di raggiungere la propria meta proprio come la ricompensa finale di una caccia al tesoro.

All’interno delle stanza c’è una consolle per la scelta delle canzoni (quasi tutte cinesi, pochi titoli, e molto pop, in lingua inglese, pochissimi in altre lingue), un megaschermo per video e testi, microfoni mobili, uno o più divani e un tavolo basso al centro ampiamente imbandito di bevande (soprattutto alcoliche), arachidi e frutta fresca. Questo è più o meno il pacchetto base; in base al portafoglio e alle voglie dei clienti si possono avere una serie di altri optional. Sigarette, superalcolici, e perché no, qualche dama di compagnia. Anche nella gestione dei KTV è immediatamente riscontrabile la mentalità cinese di mettere sempre al centro dell’attenzione la soddisfazione del cliente.

Prezzi ed extra dipendono non solo dalla categoria di fruitori della struttura ma anche dall’orario e dal tipo di attività che vi si vuole svolgere.

Al pomeriggio i prezzi sono ridotti e ci vanno soprattutto gruppi di giovani e famiglie, che a parte bere qualche birretta e saltare sui divani come fossero in discoteca, non fanno molto altro. È un diversivo, un modo di passare un paio d’ore divertendosi.

Alla sera il cliente-tipo cambia, si nota una netta prevalenza di uomini (non certo di primo pelo) o gruppi di ragazzi che possono permettersi di sperperare un po’ di soldi per svagarsi, probabilmente non solo cantando. Alcune stanze diventano dei veri e propri night-club, con tutti gli “annessi” del caso.

Ma non si deve fare di tutta l’erba un fascio.

La prostituzione in Cina è severamente vietata, ma quando sul mercato la domanda di un servizio, che piaccia o no, rimane alta, un paese economicamente efficiente risponde con un’offerta ampia e variegata. Senza nascondersi dietro un dito, ma con qualche stratagemma neppur troppo velato, le pieghe del sistema cercano di accontentare i bisogni di tutti. E vista la diffusione di questi locali, c’è da pensare che la strada intrapresa abbia conquistato il cuore di molti.

A prescindere da questa parentesi, ahimè necessaria, il KTV rimane un’esperienza da provare per chi si reca in Cina, o magari per chi riesce a scovarne uno all’interno delle Chinatown in giro per il mondo.

Ci si accorgerà di quanto la semplicità di quel che accade, ricalca le balere italiane di un volta, dove cantare, ballare, bere qualcosa e sciogliersi in compagnia bastavano per rallegrare gli animi e far dimenticare le fatiche quotidiane della vita.

荣晶玲

Immagine: i cinesi prendono molto sul serio il karaoke. Una concorrente canta in un concorso di karaoke promosso per i dipendenti della China University of Petroleum. Fonte: qua, modificata.