Bello bianco! 美白

美白, meibai: verbo cinese che letteralmente significa “sbiancare”, “scolorire”, “rendere chiaro” (riferendosi per lo più a denti e pelle). I due caratteri che compongono questa parola sono 美, bello e 白, bianco.

Bello è concetto legato non soltanto a canoni estetici, ma anche morali ed etici; è sinonimo di armonia, piacevolezza, equilibrio, ordine, assenza di irregolarità e anomalie. Bianco si riferisce per prima cosa al colore, e poi in senso più ampio alla purezza, al candore, al pulito, al nobile, al luminoso, al vacuo.

Nella sua totalità, meibai, indica quindi un processo sui generis di sbiancamento inteso come percorso di avvicinamento e riduzione al bianco, emblema intrinseco di grazie e bellezza.

Il concetto di 美白 si applica a un’infinita varietà di elementi, sia prodotti e articoli di natura concreta, sia rappresentazioni e immagini legate alla sfera emotiva: dal classico dentifricio, alla crema per la pelle, al fondotinta e a tutto quanto possa aiutare la persona a raggiungere la teorizzata e utopica idea di splendore e perfezione rappresentata dal colore bianco.

La svolta propagandistica verso ciò che è chiaro e brillante, da qualche annetto oramai, illumina strade, caratterizza spot pubblicitari, risplende nella pelle e nei sorrisi dei testimonial della nuova apparenza da ricercare e rincorrere per essere al passo coi tempi. Il giallo con cui tipicamente sono additati gli individui di nazionalità cinese, va sostituito con il bianco, colore associato alla pulizia, alla nobiltà e alla tanto agognata società occidentale.

Ed ecco che la scritta 美白 campeggia ubiqua nello spazio ed emerge in maniera preponderante occupando il tempo degli individui che le attribuiscono una sempre maggiore valenza: i visi delle giovani donzelle si cospargono di fondotinta sempre più chiari, gli interventi per sbiancare i denti e la pelle sono sempre più richiesti, e la fisima del velare ogni parte del corpo dalla luce del sole si palesa nell’uso quasi ossessivo di ombrellini, foulard e vestiti coprenti.

Partendo dall’assunto che la simbologia del colore non è universale, la contrapposizione tra bianco e nero, chiaro e scuro, volgare e nobile, non affonda le sue radici soltanto nel mondo orientale, ma è un’antitesi rintracciabile sin dai tempi antichi anche in terra occidentale, con similitudini impensate e sorprendenti tra i due universi.

L’associazione tra bianco e purezza/innocenza si ritrova un po’ ovunque: incontestabili esempi in tal senso sono l’abito bianco per il matrimonio una volta destinato alle vergini (diffuso in Europa, nelle Americhe e anche in molti paesi dell’Est), e la differenza di incarnato tra aristocrazia e volgo, nei quali i primi proteggevano la pelle dai raggi solari conservando la loro candidezza mentre i secondi, esposti al quotidiano lavoro della terra, portavano sul corpo i segni dell’essere costantemente in balia degli spazi aperti.

Quel che appare in netto contrasto è invece la rotta che stanno prendendo mondo cinese e mondo euro-americano nei confronti dell’accezione da dare al bianco nel nuovo secolo. Mentre in terra mandarina la strada imboccata verso lo sbiancamento e la purificazione pare essere senza uscita e senza possibilità di ritorno, tra gli occidentali, nell’odierno presente, la bianchezza viene frequentemente ricollegata al pallore, a una perdita di colore che denota una condizione non più pulita, limpida o nitida ma un qualcosa di sofferente, spento o addirittura malato.

Una persona dalla pelle chiara viene lodata e ammirata in Oriente per essere incarnazione di salute e purezza, mentre viene spesso additata a simbolo di malattia e malessere dall’altro capo del mondo.

A chi investe il denaro in interventi di scolorimento della pelle e apre un ombrello appena compare un raggio di sole, si contrappone chi paga per essere bersagliato dai raggi delle lampade dei centri estetici, e non appena la luce fa capolino cerca occasioni per prostrare al suo cospetto quanta più pelle possibile.

Queste due tendenze opposte paiono prendere le sembianze di un gatto che si morde la coda: chi è “giallo” vede il suo colorito come una macchia di cui doversi in qualche modo disfare, mentre chi nasce “bianco” fa quanto è nelle sue possibilità per liberarsi dalle sembianze pallidicce per rendere ambrato il suo aspetto.

Anche nel linguaggio, che rispecchia e manifesta credenze e usanze legate alla sfera sociale, l’ideale di  美白 è facilmente riscontrabile: i colletti bianchi (coloro che lavorano senza sporcarsi le mani) e il mondo dei bianchi (inteso come l’Occidente) sono due espressioni che descrivono e rimandano  al progresso, alla modernità, all’evoluzione, obiettivo principe del “sogno cinese”. Il bello-bianco pare essere in Oriente la nuova chimera all’orizzonte, la luce che guida verso un futuro brillante e sfavillante, tanto quanto il sorriso smagliante e bianchissimo dei suoi sostenitori.

荣晶玲

Immagine modificata da qua; licenza CC BY-SA 2.0.