Amnistia e indulto

Il diritto in Cina sta subendo un’evoluzione dovuta al difficile equilibrio tra antiche consuetudini, l’impianto di matrice comunista e le istanza della società moderna. Come si è visto, anche le le procedure relative al processo penale stanno subendo analoghe trasformazioni in direzione di una maggiore aderenza agli standard occidentali.

Sul sito Sohu.com è stata pubblicato un editoriale a proposito dell’amnistia in Cina, un istituto che almeno nelle precedenti stesure della costituzione era regolamentato, ma che non viene applicato da molto tempo. L’articolo esamina la storia del diritto penale in Cina relativo ai provvedimenti di indulgenza e le sue implicazioni nella società attuale. Eccone un estratto.

L’amnistia generale è un istituto la cui origine e massima applicazione si è avuta durante le antiche società feudali, ma il suo sviluppo non si è arrestato al termine di quel tipo di organizzazione statuale. Attualmente sono oltre 60 le costituzioni di Paesi del mondo che prevedono forme di amnistia e relative modalità di concessione. In particolare le costituzioni di Francia, Stati Uniti, Germania, Russia e altri grandi Paesi includono delle regole per la concessione di amnistie e indulti.

Nella storia della Repubblica Popolare Cinese l’amnistia generale e l’indulto vengono citati In un documento dalla valenza costituzionale del settembre 1949. Tuttavia la lettera della legge è rimasta inapplicata. Dal 1956 al 1975 furono emanati diversi provvedimenti di amnistia nei confronti di prigionieri di guerra giapponesi, mancesi o di rappresentanti della fazione di Chiang Kai-shek, oltre a elementi controrivoluzionari e persino criminali comuni, ma si trattava di disposizioni mirate, e non di vere amnistie generali. Nella costituzione del 1975 in ogni caso non veniva più fatto cenno alla possibilità di amnistie generali, mentre in quelle del 1978 e del 1982 viene citato solo l’indulto.

È vero che al Parlamento vengono assegnati dei poteri ampi e “altri diritti”, ma dal momento che questi non sono esplicitati nel dettaglio, l’amnistia non può esservi né inclusa né esclusa categoricamente. In ogni caso, in assenza di opportuna giurisprudenza, il risultato è che essa sia rimasta inattuata da 60 anni.

Invece per quanto riguarda l’indulto, esso viene impiegato nei casi di corruzione: è il solo atto di clemena contemplato nella costituzione attuale, e per essere applicato deve essere proposto dal consiglio centrale del partito comunista o dal Consiglio di Stato, essere approvata dal Comitato Permanente, proclamato dal capo dello Stato e applicato dalla Suprema Corte e dai relativi tribunali. Si ricorda che l’indulto differisce dall’amnistia nell’estinguere la pena ma non anche il reato.

L’indulto stesso non viene applicato dal 1975 in poi, ma la recente e capillare campagna contro la corruzione ha posto nuove problematiche e ha assunto nuove forme, così che sono stati emanati uno dopo l’altro alcuni provvedimenti in qualche modo simili negli effetti all’indulto. Tra questi, la possibilità usufruire di sconti di pena in cambio dell’autodenuncia e della restituizione delle somme di provenienza illecita. Tuttavia l’applicazione di queste misure è sporadica e legata a situazioni particolari, che nel caso di coinvolgimento di molte persone o di maggiore risonanza pubblica richiedono un iter più complesso.

Una delle principali ragioni per l’emanazione di indulto nei confronti dei condannati per corruzione, in particolare nei confronti delle associazioni a delinquere, è il costo umano e burocratico dell’istruzione dei relativi processi, oltre al fatto che spesso – confessano le autorità – in diversi casi ci si arrende di fronte alle ramificazioni e alle protezioni delle cerchie di corrotti.

In questa fase appare chiaro che in Cina attualmente non esistono le condizioni per un’amnistia propriamente detta, e in effetti i dibattiti sulla questione vertono principalmente sulla difficoltà nel seguirne un eventuale protocollo, visto che occorrerebbe un profondo radicamento nell’ordinamento e chiarezza nella sistema di norme e leggi che la dovrebbe regolamentare.

In attesa che queste condizioni si realizzino e che venga stilata una legge apposita, è stato scelto di non autorizzare alcun provvedimento, anche per evitare il rischio di conflitti di poteri o vuoti normativi in corso d’opera. D’altra parte nel diritto cinese esistono già misure alternative e benefici di vario genere. Per esempio per le misure cautelari esiste la possibilità di una riduzione di pena dal 20% al 30% di giorni su base annua, opportunità di cui usufruisce il 70% dei funzionari, un valore alto e ben al di sopra della media degli altri detenuti.

Secondo il diritto penale in vigore, i reati di abuso di ufficio e di corruzione non sono inclusi tra quelli soggetti a limitazioni nella riduzione di pena. Inoltre i funzionari corrotti, dopo che hanno scontato la pena, tengono un profilo molto basso, aumentando i sospetti da parte dei cittadini. Attualmente il sistema delle riduzioni di pena ha un certo margine di discrezionalità, e quindi ipotizzare ulteriori benefici generalizzati provocherebbe le reazioni preoccupate dell’opinione pubblica, e si risolverebbe solo in un indiretto incentivo al crimine.


Immagine: una pubblicità progresso anticorruzione: i caratteri cinesi di “integrità” e “corruzione” sono uguali fuori (il radicale), ma la parte interna ne rivela la vera natura; il messaggio è che bisogna imparare a ben distinguere. Fonte.